giovedì 19 marzo 2015

RECENSIONE | "Cade la terra" di Carmen Pellegrino

Buongiorno lettori :)  L’estate scorsa su “ La Lettura” ho letto un articolo, di Andrea Cirolla, dal titolo  “L’abbandonologa che va in cerca dei borghi disabitati”. Cirolla intervistava una giovane studiosa che si definiva “la cartografa della solitudine”. In dieci anni l’abbandonologa ha visitato 300 paesi, dai villaggi del Lazio alle città medievali della Turchia, rimanendo affascinata da un luogo molto particolare: la piazza dell’olmo di Roscigno Vecchia, nel Cilento. 
A distanza di mesi, dalla lettura dell’intervista, ho saputo della pubblicazione del primo romanzo di questa autrice molto interessante. Naturalmente, in libreria, non avevano il libro e io ho atteso con trepidazione il suo arrivo. A volte succede di essere conquistati da una storia prima ancora di averla letta. Il fascino delle rovine, che conservano l’energia delle vite precedenti, la loro fragilità, dimostrano l’esistenza di un potenziale di “vita” che rimane fossilizzato tra i ruderi a testimonianza di persone che lì hanno vissuto e lavorato. Per questo, quando ho avuto la mia copia tra le mani, con emozione e curiosità ho iniziato a leggere “Cade la terra” di Carmen Pellegrino.


Cade la terra

Autrice: Carmen Pellegrino

Editore: Giunti

Pagine: 224
Prezzo: € 14,00 (cartaceo)

Sinossi:  Alento è un borgo abbandonato che sembra rincorrere l'oblio, e che non vede l'ora di scomparire. Il paesaggio d'intorno frana ma, soprattutto, franano le anime dei fantasmi che Estella, la protagonista di questo intenso e struggente romanzo, cerca di tenere in vita con disperato accudimento. Voci, dialoghi, storie di un mondo chiuso dove la ricchezza e la miseria sono impastate con la stessa terra nera. Capricci, ferocie, crudeltà, memorie e colpe di un paese condannato a ritornare alla terra. Come tra le quinte di un teatro ecco aggirarsi un anarchico, un venditore di vasi da notte, una donna che non vuole sposarsi, un banditore cieco, una figlia che immagina favole, un padre abile nel distruggerle. 



http://i.imgur.com/ye3Q8bo.png

STILE: 8
STORIA: 9
COPERTINA: 8

Ci sarà tepore nella stanza e odore di cibi fritti. Verranno tutti, con i vestiti della festa, le scarpe rinfrescate da una spazzolata.
Arriveranno alle nove e, l’uno dopo l’altro, prenderanno posto intorno alla tavola. Non porteranno regali, non lo fanno mai, ma non importa: ne ho preparati io per loro, davanti ai quali spalancheranno gli occhi, ma io guarderò altrove.
Entrando non si saluteranno, né saluteranno me… si guarderanno intorno scrutando la casa silenziosa; quindi cederanno all’impulso di  annusare l’aria e aggrotteranno le sopracciglia: non sono venuti per mangiare, ma allora perché sono qui?
E si, cari lettori, ad Alento, ogni anno, si ripete, come scrive Andrea Cirolla, una cena per anime vagabonde.

Il libro si compone di tre parti, tre atti di una rappresentazione in cui passato e presente camminano insieme.

La prima parte, “La casa dell’olmo”, ci racconta l’arrivo di Estella, protagonista sensibile del romanzo, nel paesino di Alento, borgo immaginario del Sud Italia.
Era febbraio e nevicava il giorno in cui tornai, neve di primo mattino che unita al vento mi colpiva in visi a sferze che andavano, che venivano […] quando fu sera forzai il portone della chiesa […] L’indomani, alle prime luci del giorno, vennero da Napoli per riprendersi l’abito da monaca [...] vennero proprio per strapparmelo di dosso e io restai nuda sul sagrato […] fino a quando non si avvicinò una vecchia, tutta vestita di nero […]
Avvincente vero? Le prime pagine del romanzo ci presentano la giovane Estella, ritornata al paese dopo una lunga assenza. La donna viene accolta in casa de Paolis e diventa istitutrice di un ragazzo sedicenne: Marcello, esonerato dalla scuola. In casa de Paolis Estella inizia il suo problematico rapporto con Marcello.

Su Alento, “il paese che cammina”, incombe un pericolo naturale che lo minaccia da secoli: il paese ha un fondo argilloso ostaggio di una frana lenta e continua. La sua popolazione è costretta a lasciare le proprie case per trasferirsi verso luoghi più sicuri. Quando anche la famiglia de Paolis è costretta ad abbandonare l’abitazione per trasferirsi in un’altra casa, nel paese nuovo, Estella deciderà di rimanere al paese vecchio per cercar di tener in vita una parte del borgo dando voce a coloro che hanno oltrepassato quel labile confine che separa la vita dalla morte.

Così inizia la seconda parte “L’attesa”
[…] Non mi resta che il paese, la sua magica impostura. Qui scavo dentro le sere cercandovi il mattino nuovo. Nelle case che sono aperte, con le finestre accostate come se i vecchi abitanti dovessero tornare da un momento all’altro, entro in continuazione e le ragnatele mi si attaccano alla faccia. In questa desolazione, subito si fanno avanti i fotogrammi di una visione strana, evocabile. Vedo a un tratto tutti i parti e le morti che le hanno attraversate, tutte le età di chi vi ha abitato. Le madri con i figli in braccio, pesanti come sassi; le vecchie, strette nelle vesti del loro eterno lutto; i padri, con i corpi insidiati dal terrore, perché vivere fra le montagne non li ha preservati dalla miseria.
Durante “l’attesa” della struggente cena, Estella ci presenta i futuri commensali. Cola Forti, anarchico senza più sogni, e sua figlia Libera che rifiuta il matrimonio combinato per lei dalla madre. Giacinto, il banditore cieco in perpetua attesa dell’arrivo del suo berretto gallonato. Lucia Parisi vittima di un padre che la riteneva colpevole per essere nata femmina poichè, in una casa rispettabile, il primogenito doveva essere maschio. Maccabeo, un venditore di vasi da notte, a cui la guerra porta via i due figli.

Personaggi emozionanti con cui condividere i loro destini: vite disperate segnate da un analfabetismo sentimentale. Con maestria le storie reali si fondono con l’immaginazione dando vita a un tempo in cui morte e vita coesistono. Giungiamo quindi alla terza parte del libro, “La cena”.

Le anime vagabonde si sono disposte intorno al tavolo, tutto è pronto. Essi consegnano alla “parola” la loro verità:
Non occorre che qualcuno ci difenda, ciascuno di noi reca con sé la mortificazione di una vita che non si è salvata.”
Ma i destini si possono cambiare? Si può dare un po’ di calore a vite desolate? Quando la morte passa, il silenzio deve essere interrotto perché solo la parola è vita. Una vita senza tempo, una vita di anime solitarie a cui bisogna dar “voce” a cui non si deve dire addio. 
“Cade la terra” è un romanzo che vi conquisterà con le sue storie struggenti narrate con passione e poesia. Questo romanzo è come un cerchio della vita. Dove tutto ebbe inizio, lì si avrà la fine. La storia diventa cibo per tutti noi, un cibo amaro ma necessario per capire che il passato non è solo fonte di  malinconia per chi non c’è più. Il passato mostra i resti del lavoro di coloro che hanno costruito anche il nostro presente. Tocca a tutti noi dar voce a quelle rovine, dar dignità a uomini e donne che hanno vissuto in comunione con una terra da cui sono nati e a cui sono ritornati con la morte.

Carmen Pellegrino è sicuramente una scrittrice talentuosa che incanta con la sua scrittura elegante ed emozionante. “Cade la terra” è un momento di riflessione sulle scelte di vita, sui desideri, sulle speranze, sul senso del sacrificio e della fatica. Con questo libro si va oltre ciò che si può vedere, oltre ciò che si può udire. Sicuramente è una lettura super consigliata che vi terrà incollati dalla prima all’ultima pagina. Proverete mille emozioni e tutti i personaggi guadagneranno un posticino nel vostro cuore. Affetto e comprensione sono preziosi per chi, come le nostre anime vagabonde, non ha mai conosciuto, in vita, il vero significato della parola “amore”. Bellissima la copertina che simboleggia l’unione indissolubile tra la Terra e l’Uomo: ogni essere vivente affonda le sue radici nella madre terra. Per finire vi trascrivo la poesia “Autunno” di Riner Maria Rilke, da cui l’autrice ha tratto ispirazione per il titolo del suo primo romanzo.

Autunno
Le foglie cadono da lontano, quasi
giardini remoti sfiorissero nei cieli;
con un gesto che nega cadono le foglie.
Ed ogni notte pesante la terra
cade dagli astri nella solitudine.
Tutti cadiamo. Cade questa mano,
e ogni altra mano che tu vedi.
Ma tutte queste cose che cadono, Qualcuno
con dolcezza infinita le tiene nella mano.


2 commenti:

  1. una recensione molto emozionante, anche è piaciuto molto questo libro!!

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  2. bella recensione, ma non so se il libro è nelle mie corde...

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