venerdì 20 febbraio 2015

RECENSIONE | "I Ragni Zingari" di Nicola Lombardi

Buongiorno cari lettori.
Oggi vorrei proporvi un romanzo molto particolare a cominciare dal titolo. Si tratta de “I Ragni Zingari” di Nicola Lombardi, con il quale, lo scrittore, ha vinto il Premio John W. Polidori, per la letteratura horror, nel 2013.  Io ho già letto, di quest’autore, “I Burattini di Mastr’Aligi” [recensione] pubblicato in ebook con Nero Press Edizioni.


I Ragni Zingari

Autore: Nicola Lombardi

Editore:  Nero Press Edizioni 
Collana: Innesti
Pagine: 124
Prezzo: € 2,99 (ebook)

Sinossi:  9 settembre 1943. Michele fa ritorno dal fronte, dall’Albania, portandosi appresso ricordi di morte e una ferita alla tempia. Nella sua vecchia casa in campagna lo aspettano i suoi: la madre, la sorella Adele, l’anziano nonno e lo zio Berto. Manca però Marco, l’adorato fratellino: è sparito da tre giorni e nessuno sa che fine abbia fatto. La paura si insinua nella quotidianità. E non si tratta solo dell’angoscia della sparizione o della guerra logorante. Ai margini del campo visivo, c’è qualcos’altro. Qualcosa che risalendo dai ricordi di storie antiche tesserà le fila dei loro destini in intricate ragnatele di angoscia e terrore.



http://i.imgur.com/ye3Q8bo.png

STILE: 9
STORIA: 8
COPERTINA: 8

Il futuro – come il presente, del resto – era un golfo grigio, insondabile, nulla di più. Un unico concetto era chiaro, e vivo, in tutti. Il ritorno. A casa.
Michele si afferrò con fermezza a quel pensiero, sussultando ai ritmi sferraglianti e rugginosi imposti dal treno. La casa. Le persone care. I luoghi familiari e amati. Era più che mai urgente appigliarsi a quelle boe di salvezza. L’oceano non mostrava approdi, all’orizzonte. Ma era già tanto sapere, o credere, che da qualche parte, a dispetto di tutto, ci fosse un porto, ad attendere ciascuno di loro. Non poteva certo sapere dei ragni. Anche loro lo stavano aspettando.
9 settembre 1943. Il Maresciallo Pietro Badoglio ha firmato l’armistizio lasciando un Paese nel caos. Michele ritorna dal fronte, dall’Albania, portando con sé inquietanti ricordi di morte. Giunto a casa, un casolare in campagna, ritrova la sua famiglia: la madre Dora, la sorella Adele, nonno Adelmo e lo strano zio Berto. Manca Marco, l’adorato fratellino: scomparso da tre giorni sembra svanito nel nulla. La famiglia è stravolta dalla paura che nasce non solo dall’angoscia della sparizione o dalla guerra. E’ una paura antica, retaggio di “nere” leggende. E’ una paura che cresce tra le pareti domestiche. E’ una paura che proietta inquietanti ombre testimoni di presenze misteriose. Ai margini del campo visivo, c’è qualcos’altro.

Michele, giovane soldato, ritorna dall’Albania per trovarsi immediatamente proiettato in una cupa realtà che coinvolge la sua famiglia. Una sparizione senza “ un perché”, un vecchio delitto travestito da “incidente”, uno zio divorato da un ossessione che l’ha reso schiavo dell’alcol. Su tutto aleggia una leggenda che nonno Adelmo ama narrare: I Ragni Zingari.
I ragni zingari, stando al folclore familiare, erano in tutto e per tutto simili ai ragni comuni… Una caratteristica li rendeva “ragni zingari”, però: non erano reali o meglio non appartenevano completamente a questo mondo. Uscivano dagli specchi e ci rientravano, a piacere. Vivevano un po’ di qua e un po’ di là. Erano una presenza nefasta, poiché uscivano e gironzolavano per le case solo all’approssimarsi di qualche sventura.
In questa storia, narrata con maestria, troviamo, in contemporanea, I’orrore della guerra e l’orrore dell’animo. L’autore racconta la complessità del vivere in un momento storico particolarmente travagliato e confuso per il nostro Paese. Gli alleati che diventano nemici, i nemici che si trasformano in alleati. Tutto assume una forma diversa, rovesciata: come un’immagine riflessa in uno specchio. Come le paure più intime che si catapultano all’esterno mescolando realtà e pensiero, vita e incubo, sogno e morte. 
Avrete sicuramente notato come il titolo, I Ragni Zingari, sia un palindromo: si legge da sinistra verso destra e viceversa. E’  un modo per indicare la coesistenza, all’interno dell’uomo, del bene e del male.  Il passato e il presente che si affrontano, le apparenze che cedono il posto alla verità, il riflesso di se stessi che scopre nuovi orizzonti. Guardare la propria immagine riflessa in uno specchio vuol dire dar voce alle nostre paure, significa permettere ai ragni di attraversare quel portale che mette in comunicazioni due mondi specularmente capovolti. I ragni danno corpo alle nostre fobie, alimentano le nostre ossessioni, danno voce alle nostre colpe. Nessuno è innocente. 
Zio Berto ha la mente sconvolta da un fatto di sangue di cui è stato protagonista nel passato. La giovane Adele custodisce gelosamente, tra le pagine di un diario, un segreto inconfessabile. La mamma Dora, distratta dalle brutture della guerra, non si accorge dell’orrore che squarcia la sua casa. Michele, traumatizzato dalla guerra al fronte, è devastato dal senso di colpa. Ha lasciato l’Albania, i suoi compagni, per ritornare a casa. In un clima d’insicurezza generale la scomparsa di Marco ha il potere di mettere tutti davanti alle proprie responsabilità. Tutti davanti allo specchio dell’anima, per cogliere il momento in cui i ragni zingari attraversano quel portale per poter entrare in un’altra dimensione. Michele varca quel confine, urla la sua disperazione, dà un volto ai demoni che si porta dentro. Il finale tragico è perfettamente in linea con il racconto e realizza un punto d’incontro tra l’orrore del conflitto e la bruttura dell’uomo.

“I Ragni Zingari” è un romanzo intriso di cupe atmosfere. E’ un racconto originale che gode del potere immaginifico della scrittura. Un potere che Nicola Lombardi fa suo. Il lettore viene travolto dagli eventi narrativi, gode del rincorrersi dei pensieri e delle parole. Ho molto apprezzato l’ambientazione italiana. Avrei voluto conoscere meglio i personaggi ma, vista la brevità del racconto, comprendo che non si poteva chiedere di più. Queste anime travagliate mi hanno regalato una lettura intensa, ricca di emozioni, che mi piacerebbe condividere con voi. 

Per darvi un ulteriore motivo per cui leggere questo romanzo, vi lascio con l’epigrafe scelta dall’autore per rappresentare il testo:
“Ditemi, amico mio, come mai quando vogliamo raccontare qualcosa di terribile, misterioso e fantastico non è dalla vita che attingiamo il materiale, ma immancabilmente dal mondo dei fantasmi e delle ombre dell’aldilà?”
“Fa paura ciò che non si capisce.”
“Perché, voi capite la vita? Non vorrete dirmi che comprendete la vita più di quanto non comprendiate il mondo soprannaturale?”     
Anton Cechov, Paura.

Nessun commento:

Posta un commento