"Il sabato del sondaggio" è una rubrica settimanale creata da me appositamente per il blog Penna d'oro.
Ogni sabato elaborerò delle domande per scambiare, con voi lettori, opinioni, pareri,
Ogni sabato elaborerò delle domande per scambiare, con voi lettori, opinioni, pareri,
consigli su temi che riguardano il mondo dei libri.
Cari lettori,
Cosa ne pensate della scaramanzia?
Se un gatto
nero vi attraversa la strada, come vi comportate? Passate a cuor leggero sotto
una scala?
Essere 13 a tavola vi lascia indifferenti?
Se versate l’olio o il
sale fate subito strani gesti scaramantici?
Anche i nostri amati scrittori avevano dei
“rituali di scrittura”:
Si dice che Shakespeare non correggesse mai e non
usasse la punteggiatura per non dover interrompere il flusso.
Charles Dickens scriveva 55 parole al giorno
(anche 4000 parole nei giorni più fecondi).
Sthendhal dettò “La Certosa di Parma”, 560 pagine,
in meno di 52 giorni.
Lev Tolstoj spese 6 anni per scrivere “Guerra e
Pace”; la moglie Sonja ricopiava ogni pagina in bella copia.
Tolkien scrisse “Il signore degli anelli” in 12
anni, usando il retro dei fogli dove i suoi studenti facevano i compiti.
John Cheever scrisse parte della sua opera in mutande,
dopo aver raggiunto vestito di tutto punto in ascensore la cantina ed essersi
nuovamente spogliato. Questo rituale era importante per non perdere
l’ispirazione.
George Simenon, prima d’usare la macchina da
scrivere, si preparava al lavoro appuntando 50 matite che allineava sulla
scrivania, e se si spezzava la punta ad una cambiava subito matita senza perder
tempo.
Marcel Proust scriveva sempre a letto tra le
pareti ricoperte di sughero. Si svegliava tra le tre e le sei del pomeriggio.
Anche Moravia scrisse “Gli Indifferenti” a letto,
ma perché era convalescente di una malattia alle ossa.
Émile Zola amava scrivere con la luce artificiale
e oscurava la stanza con le tende anche quando scriveva di giorno.
Honoré de Balzac beveva, per restar sveglio, 50
tazze di caffè al giorno.
Thomas Hardy levava le scarpe o le pantofole.
Colette prima di mettersi a scrivere cercava
almeno una pulce da levare ad uno dei suoi gatti.
John Keats si lavava simbolicamente le mani usando
qualunque liquido, oltre l’acqua, come, ad es., il caffè.
Mark Twain indossava una camicia bianca prima di
sedere al tavolo di lavoro.
Ernest Heminguway amava scrivere sui quadernetti
di Moleskine.
Per superstizione:
George Orwell non proseguiva quel che stava
scrivendo se non ne parlava con la moglie.
Gabriele
D’Annunzio, invece, anche se si sospetta sia una sua invenzione, iniziò a
scrivere la poesia “Le stirpi canore” su una giarrettiera d’una prostituta
analfabeta.
Woddy Allen lavora su fogli rigorosamente gialli;
Dumas, padre, scriveva le poesie su fogli gialli, i saggi su fogli rosa e
narrativa su fogli azzurri.
Emily Dickinson doveva appuntare le prime stesure
delle sue poesie su pezzi qualsiasi di carta ( liste della spesa, scontrini,
ricevute, buste da lettera usate) perché i fogli bianchi quasi la intimorivano.
Isabel Allende non inizia mai un nuovo lavoro in
un giorno diverso dall’8 gennaio.
Andrea Camilleri prima di scrivere, ogni mattina,
si veste di tutto punto e si rade per bene come se dovesse uscire.
Truman Capote non iniziava e non terminava mai un
libro di venerdì, cambiava stanza d’albergo se il suo telefono aveva il numero
tredici, non lasciava mai più di tre mozziconi nel posacenere.
La superstizione è sempre stata compagna dell’uomo
in tutti i tempi. Mi piacerebbe conoscere il vostro parere in proposito e vi
saluto con questa frase di Paul Valéry:
“L’ingegno può coesistere con le superstizioni più
grossolane”.
Diciamo che ci credo come non ci credo, certo non passerei mai sotto una scala di proposito, ma se succede per caso ahimè pace!
RispondiEliminaCome recita una famosa commedia di Peppino De Filippo "Non è vero...ma ci credo":)
EliminaSi, sono scaramantica ma non troppo! Soprattutto quando cade l'olio...
RispondiEliminaVersare l'olio porta sfiga al portafoglio :)
EliminaNo io non credo assolutamente a queste cose! u.u
RispondiEliminaHai ragione, non è vero ma...:)
Eliminapost molto simpatico!! :=)
RispondiEliminaio non sono per nulla superstiziosa, però il problema a volte è inconscio, nel senso che se comunque sei cresciuta in un ambiente in cui queste credenze, fosse anche per scherzo, ti venivano dette e ripetute, capita che poi, in certe situazioni, automaticamente ci pensi... Ad es. io non ho problemi a passare sotto a una scala e di certo non faccio dipendere la mia sorte da un gatto nero... ma sarei bugiarda se ti dicessi che la mia mente cmq non pensa alle "leggende" che circolano in merito. ci rido su, ovviamente e il principio resta: non ci credo assolutamente :=)
In alcune zone le credenze popolari sono, ancor oggi, molto forti. Il condizionamento è una logica conseguenza dell'ambiente in cui si vive:)
RispondiEliminaNoi sardi siamo molto scaramantici. Non crediamo al gatto nero, al passare sotto la scala, ma siamo molto superstiziosi!! Crediamo molto nel malocchio, nei sogni!
RispondiEliminaCiao Mary:) Tra credenze e religione, il malocchio è ancor oggi una forma di superstizione molto temuta. Ho letto, tempo fa, che in Sardegna sono le donne a essere più colpite dal malocchio da cui si difendono con degli amuleti.
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