giovedì 17 febbraio 2022

RECENSIONE | "Jacu" di Paolo Pintacuda

“Jacu”, edito da Fazi e in libreria dal 17 febbraio, è il nuovo atteso romanzo di Paolo Pintacuda. La vicenda è ambientata nel paesino siciliano immaginario di Scurovalle nel 1899 e ripercorre la vita rocambolesca del protagonista Jacu, il settimino guaritore. 

 
STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 6
Jacu
Paolo Pintacuda

Editore: Fazi
Pagine: 152
Prezzo: € 16,00
Sinossi

Negli ultimi giorni del 1899, la misera quiete di Scurovalle, un grumo di case su di un anonimo monte siciliano, è turbata da un incredibile evento: Vittoria, ventidue anni e già vedova, partorisce l’ultimo settimino del secolo, un bambino che, secondo le credenze popolari, avrà poteri magici e curativi e sarà in grado di assistere qualsiasi sventurato. Sebbene Vittoria tenti di assicurare un’infanzia normale al figlio, sin dalla tenera età il piccolo Jacu dimostra di possedere questo dono prodigioso, diventando un punto di riferimento irrinunciabile per tutti i compaesani.
Anni dopo, però, gli effetti della guerra raggiungono perfino la sperduta comunità di Scurovalle, riempiendo i cuori di paura, diffidenza e rancore. Jacu, che per un errore dell’anagrafe non viene spedito al fronte insieme ai suoi coetanei, vede il proprio paese natale voltargli le spalle e sprofonda così in un periodo di grande tristezza cui decide di mettere fine arruolandosi volontario. Ma la guerra non risparmia nessuno e da quel momento né Jacu né la sua amata Scurovalle saranno più gli stessi.







Il pomeriggio del 12 dicembre 1899 Scurovalle, da qualche parte al centro di una montagna ancora senza nome fra i circondari di Girgenti e Palermo, contava quattrocentoundici viventi, quindici vacche, tre vitelli che non sarebbero sopravvissuti all’inverno, cinquantadue pecore e un numero imprecisato di randagi fra cani e gatti.

L’anno 1899 volge al termine, un incredibile evento turba la misera quiete di Scurovalle, un pugno di case su di un monte siciliano. Vittoria, ventidue anni e già vedova, partorisce l’ultimo settimino del secolo, un bambino, che secondo le credenze popolari, avrà poteri magici e curativi. Vittoria tenta invano di dare un’infanzia normale al figlio, ma Jacu dimostra di possedere davvero un dono prodigioso e diventa un punto di riferimento per tutto il paese.

Vittoria intese l’inquietudine del figlio giacché lo scrutava di sfuggita. Avrebbe voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa che lo preparasse, ma scelse di tacere e lasciare che fosse Jacu a scoprire da solo ciò per cui era nato.

 Le persone fanno la fila davanti alla sua umile abitazione, aspettano per ore, spesso per giorni, un incontro con il piccolo guaritore.  Anni dopo, gli effetti della prima guerra mondiale raggiungono anche la sperduta comunità di Scurovalle. I giovani sono chiamati alle armi e i cuori dei genitori si riempiono di paura. Ben presto, quando si sparge la voce che Jacu non è stato arruolato, tutti iniziano a provare diffidenza e rancore verso il ragazzo. A nulla serve spiegar loro che è tutta colpa di un errore dell’anagrafe. Ora tutto il paese è contro di lui, a nulla servono i tentativi di Jacu per riconquistare la loro fiducia. C’è un solo modo per porre fine a questo ostracismo sociale: arruolarsi volontario. Così anche il giovane guaritore parte per il fronte con l’intento di raggiungere i suoi compaesani.

Jacu ha un dono che lo rende diverso agli occhi degli altri e che lo trascina nel vortice dei sentimenti altrui. Inizialmente osannato, poi guardato con diffidenza, alla fine allontanato e da tutti disprezzato. Tuttavia sarebbe del tutto riduttivo porre questa storia nei confini di una vicenda svoltasi in un piccolo paese. Come sempre i libri che leggo mi portano a riflettere e “Jacu”, romanzo breve di 152 pagine d’ingannevole semplicità, non è stato da meno. Il protagonista si muove tra la dimensione reale della memoria individuale e la trasposizione romanzata della piccola comunità di Scurovalle. La voce narrante ci guida in un percorso di ricordi, di sospetta alterazione della realtà, di interessi morbosi e immagini che, come uno scalpello sulla pietra, incidono pagine che hanno catturato la mia attenzione. Pensate, Jacu ha il dono della guarigione eppure si troverà immerso in una realtà di guerra dove la morte cammina al fianco dei soldati. Vita e morte si fronteggiano, si sfidano, avanzano, vincendo ora l’una ora l’altra. Il settimino ha un cuore d’oro, è generoso, aiuta tutti. Rappresenta, sia nel paese e sia sul campo di battaglia, la speranza. L’indole umana, lo sappiamo tutti, ha molteplici sfumature e Scurovalle non si sottrae a questa certezza. Tra i suoi abitanti serpeggia la superstizione, l’invidia, il rancore ma anche la generosità e la proiezione ottimistica nel futuro. In un presente oppresso dalla miseria e dalla guerra, la speranza rappresenta la luce del nuovo giorno dopo il buio della notte. Attraversare le ore di buio è doloroso ma ci porta a volgere lo sguardo verso un futuro diverso.

“Jacu” è il primo libro di Paolo Pintacuda che leggo, nel suo romanzo c’è magia, poesia, sofferenza ma anche tanta dolcezza. L’autore, mentre scrive, crea il ritratto di un’umanità variegata, camaleontica e arcaica. I sensi di colpa e i conflitti interiori diventano una lente per leggere nel cuore degli uomini. Non troverete nessuna condanna, nessuna assoluzione, ma un intreccio di vite, desideri, illusioni, sofferenze da cui nasce la rappresentazione vibrante di un periodo storico e di un mondo travolti dalla Prima Guerra Mondiale. La consolazione è nel pensare che anche la guerra dovrà chinare il capo davanti alla speranza che mai più siano i padri a seppellire i figli.

Quindi vi invito a leggere “Jacu” una storia dura e commovente che si dipana tra le emozioni umane traendo nutrimento dal potere della memoria e della speranza.

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