giovedì 24 giugno 2021

RECENSIONE | "Capelli, lacrime e zanzare" di Namwali Serpell

“Capelli, lacrime e zanzare” è l’imponente romanzo di Namwali Serpell, in libreria dal 24 giugno per Fazi nella traduzione di Enrica Budetta. È una romanzo che narra di tre generazioni di famiglie in cui mille piccole storie si uniscono per dare vita a una storia lunga più di un secolo ambientata in Zambia, nella zona delle cascate Vittoria. Il libro, 650 pagine, è intriso di atmosfere che ricordano “Cent’anni di solitudine” e “I figli della mezzanotte”, spazia abilmente tra romanzo storico, realismo magico, fantascienza, facendo dei personaggi il suo punto di forza. Forza che si scontra contro un mondo in continua evoluzione. “Capelli, lacrime e zanzare”, definito il grande romanzo africano del ventunesimo secolo, segna l’esordio di Namwali Serpell, giovane autrice pluripremiata dello Zambia naturalizzata americana. 


STILE: 8 | STORIA: 9 | COVER: 7
Capelli, lacrime e zanzare
Namwali Serpell

Editore: Fazi
Pagine: 650
Prezzo: € 18,50
Sinossi

1904. Sulle rive del fiume Zambesi, a poche miglia dalle maestose Cascate Vittoria, c'è un insediamento coloniale chiamato Old Drift. In una stanza fumosa dell'hotel dall'altra parte del fiume, un esploratore di nome Percy M. Clark, annebbiato dalla febbre, commette un errore che intreccia il destino di un albergatore italiano con quello di un garzone africano. Questo innesca un ciclo di inconsapevoli conseguenze che travolgono tre famiglie dello Zambia (una nera, una bianca, una mista) i cui membri si scontrano e s'incontrano nel corso del secolo, nel presente e oltre. Con il susseguirsi delle generazioni, le storie di queste famiglie – i loro trionfi, i loro errori, le perdite e le speranze – emergono attraverso un panorama di storia, fiaba, romanticismo e fantascienza. 


Zt.Zzt.ZZZzzzZZZzzzzZZZzzzzzzZZZZzzzzzzzzZZZzzzzzzZZZzzzzo’ona.

E allora. Un uomo bianco come un cencio si ritrova con la barba lunga e si perde nel cuore accecante dell’Africa. A furia di mettere radici e girovagare, fermarsi e ripartire, diventa il nostro padre involontario, il nostro inconsapevole pater muzungu. Questa è la storia di una nazione, non di un regno o di un popolo, perciò inizia, ovviamente, con un uomo bianco.

1904. Sulle rive del fiume Zambezi, a pochi chilometri dalle maestose Cascate Vittoria, c’era una volta un insediamento coloniale chiamato Old Drift. In una fumosa stanza d’hotel, un esploratore di nome Percy M. Clark, in preda ai deliri febbrili, commise un errore e la Storia mutò. Il destino di un albergatore italiano s’intrecciò con quello di un garzone africano.

Adesso avete ascoltato il resoconto del tale Percy M. Clark, un girovago, un bruto, un mascalzone, il capostipite che diede inizio a tutto. Sosteneva di essere un abitante dell’Old Drift, ma di certo non aveva imparato la nostra lezione: la sua mano strinse un po’ troppo. Una scivolata e una stretta, un grido e una caduta, e una ragazzina colpisce un ragazzino.

Ciò innescò un ciclo di inconsapevoli conseguenze che travolsero tre famiglie dello Zambia (una nera, una bianca e una mista), i cui membri si scontrarono e s’incontrarono nel corso di un secolo, nel presente e oltre. Leggeremo di bambine che sembrano strane creature, di una tennista cieca, di capelli che crescono di continuo, di lacrime inarrestabili che solcano il viso di una donna. Un germogliare di personaggi indimenticabili che diventeranno guide per viaggiare nel tempo e nello spazio per assistere alla storia della nascita della Zambia.

Il romanzo corre via veloce a un ritmo strabiliante e affronta temi come la società e la politica dello Zambia, la ricerca di vaccini per l’AIDS, la sessualità e non pago, del passato e del presente, si proietta nel futuro. Inizia come un romanzo storico, attraversa il periodo coloniale fino all’indipendenza dello Zambia, e approda nel futuro della guerra tecnologica.

All’inizio del libro troverete utilissimi alberi genealogici delle famiglie coinvolte e vi sorprenderà sapere che una delle voci narrante è rappresentata da uno sciame di zanzare, un espediente adatto a un racconto dell’Africa.

Per secoli vi abbiamo punto senza che ci riteneste degne di nota. O forse sì: di certo voi amate le vostre storie. I vostri racconti più antichi parlavano di animali, ovviamente, favole bestiali incise sulle pareti delle caverne. Ebbene, è ora di ribaltare le favole per così dire, è ora che siamo noi a raccontare a voi ciò che sappiamo. Uno sciame non è che una rete allentata di nodi.

Il romanzo, composto da un mosaico di vicende, è uscito nel 2019 negli USA e la sua stesura è durata vent’anni. Infatti, l’autrice, ha iniziato a scriverlo quando era una studentessa di letteratura a Yale. Seguendo un canovaccio che mostra fin da subito la forma corale dell’opera, l’autrice ci presenta tanti personaggi che si muovono non solo in Africa, ma anche in Italia, India e in Inghilterra dove gli inglesi hanno accumulato, in materia coloniale, un’esperienza maggiore di qualsiasi altro popolo.

Con una scrittura grintosa, l’autrice tesse un intreccio che toglie il fiato coniugando generazioni, razze, luoghi, lingue, generi e scienza. Le storie hanno un’anima intima, spesso divertente e ripercorrono vie già tracciate seguendo un’orbita che ritorna ciclicamente proprio come i movimenti di uno sciame di zanzare.

L’autrice con gran abilità intreccia storie individuali con eventi più grandi. La narrazione è caratterizzata da un senso misto di destino e casualità che rispecchia la vita stessa. A rendere ancora più ricca la narrazione è l’espediente di inserire alcuni personaggi in generi diversi.

Nel realismo magico collocherei due figure: Sibilla, nata nel 1939, che aveva il corpo ricoperto di peli che ricrescevano senza sosta e la famosa piangente di Kalingalinga, che piangeva continuamente e vedeva nel suo cuore spezzato la fonte del suo dolore. Scoprirete che nel 1964, lo Zambia conquistava la sua indipendenza e ovunque c’era un gran fermento. Carichi di grande aspettative erano dei ragazzi che avevano da poco cominciato un programma speciale di addestramento per andare sulla Luna. L’intento era non solo scientifico ma anche politico, si voleva superare i Paesi colonialisti nella corsa allo spazio. Nel futurismo è il posto di Jacob, ossessionato dalla tecnologia e dall’ingegneria e dalle cose che volano. Poi c’è Agnes, la ragazza inglese dell’alta borghesia bianca, che perde la vista e s’innamora di un uomo di colore senza sapere che è nero. Cacciata dalla sua famiglia, Agnes lo segue in Africa.

La tecnologia ha un ruolo importante nel romanzo ed è vista come un tentativo di controllare corpi e natura. Ci sono dighe, aerei, razzi e droni. Le persone, nella sezione del libro ambientata nel futuro, hanno piccoli chip incastonati nelle dita e uno schermo di Google incorporato sul palmo della mano. Il corpo, invece, è una linea di demarcazione tra l’interno e l’esterno. Nel romanzo c’è molta fisicità. Nel colore della pelle dei personaggi, nelle storie che generano felicità e passione ma anche dolore e lacrime, nella strage senza fine causata dall’AIDS. Anche il colonialismo ricopre un ruolo importante ingannando e sfruttando i nativi.

Essendo il libro bello corposo, vi consiglio di non leggerlo in un’unica soluzione dall’inizio alla fine. Il rischio è di provare disorientamento perché l’andamento narrativo travalica il tempo e si muove sinuoso, non scordate lo sciame di zanzare, tra passato, presente e futuro. Io ho letto pochi paragrafi alla volta cercando di assimilare i vari personaggi, i luoghi, gli eventi. Non saltate le pagine perché ogni microstoria offre un mondo caratterizzato da personaggi mai passivi ma sempre, anche se spesso dolorosamente, in azione.

In ogni società ci sono cose che si possono avere e cose che non si possono avere e poi ci sono quelli abbastanza coraggiosi da andare a prendersele.

Il romanzo inizia con un coro di zanzare, piccoli insetti volanti che si aggirano tra i capitoli, rallegrandosi per la stupidità degli esseri umani, diffondendo la loro saggezza insieme alle malattie infettive. Mentre il tempo passa solo le zanzare sopravvivono a ogni cosa depositari della nostra nemesi.

Compagni di vecchia data, antichi avversari, sodali e sfidanti, amici nemici. Siamo un’accoppiata perfetta, Umanità e Zanzare. Siamo due specie inutili e ubique. Ma mentre voi dominate la terra e la distruggete per gioco, noi non facciamo altro che bighellonare, eroi non cantati.

“Capelli, lacrime e zanzare” è un romanzo straordinario che mostra il nostro desiderio di creare e superare i confini. È un libro impegnativo da leggere ma vale la pena impegnarsi a scoprire storie avventurose, profondamente affascinanti e dense di destini intrecciati in modo potente e magico. È un magnifico canto corale di uomini che si ribellano contro l’ordine costituito. 

1 commento:

  1. Cara Aquila, è una recensione che invoglia a immergersi in questa che sembra essere una grande e strabiliante avventura, che racconta il passato ma ci proietta anche nel futuro. Affascinante, se non avessi letto il tuo post,non avrei fatto caso a questo libro!

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