giovedì 8 aprile 2021

RECENSIONE | "Quello che non sai" di Susy Galluzzo

“Quello che non sai” di Susy Galluzzo, Fazi Editore nella collana Le strade, è un romanzo che racconta la realtà della maternità senza filtri, senza giudizi né edulcorazioni. Svela la paura di essere madri ma anche il timore tutto femminile di non essere mai all’altezza.

Susy Galluzzo è nata in Calabria ma vive a Roma da molti anni. È laureata in Giurisprudenza e svolge la professione di avvocato. Ha iniziato a scrivere “Quello che non sai” dopo la scomparsa della madre.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Quello che non sai
Susy Galluzzo

Editore: Fazi
Pagine: 240
Prezzo: € 16,00
Sinossi

Cosa succede quando non si ha più voglia di essere una madre? Cosa può fare una donna stretta tra gli obblighi familiari e la sua vita di prima? Michela, detta Ella, ha passato gli ultimi anni a crescere la figlia Ilaria, dedicandosi a lei in ogni momento anche a scapito del suo lavoro di medico e del rapporto con il marito Aurelio. Ella conosce tutte le manie e le ansie di Ilaria, sa quanto è brava a tennis ma anche quanto le è difficile concentrarsi a scuola. Dopo un allenamento, Ilaria si distrae guardando il cellulare, ferma in mezzo alla strada, mentre una macchina avanza veloce verso di lei. Ella non fa niente per avvisarla: rimane immobile a osservare la figlia che, salva per un soffio, se ne accorge. In quell’istante, inevitabilmente, tra loro si rompe qualcosa. Ella così inizia a sfogarsi scrivendo un diario rivolto alla propria madre, morta quindici anni prima: pagina dopo pagina, racconta delle crepe che si allargano fino a incrinare in modo irreversibile i delicati equilibri familiari, si addentra nei propri ricordi per riportare a galla vecchi e nuovi conflitti, rimpianti e sensi di colpa, per trovare infine la forza di affrontare la verità e ricominciare.  


Ho una figlia. Sei sorpresa, vero?

Eri così contrariata dalla mia scelta di non avere figli per via della carriera.

Dicevi che era una decisione di Aurelio, non mia.

Già sono madre anch’io. E tu sei nonna. Contenta?

Si chiama Ilaria, ha tredici anni, compiuti a marzo.

È la mia vita.

E anche la mia morte.

Michela, detta Ella, ha trascorso gli ultimi anni a crescere sua figlia Ilaria, che ora ha tredici anni. Per essere madre, Ella ha rinunciato al suo lavoro di medico, e persino il rapporto con suo marito Aurelio ha subito contraccolpi. Ella conosce le manie e le ansie di Ilaria, sa quanto è brava a tennis e quanto le sia difficile concentrarsi a scuola. Un pomeriggio dopo gli allenamenti, Ilaria, distratta dal cellulare, non si accorge di essersi fermata in mezzo alla strada. Ella è lì, dall’altra parte della strada, vede una macchina avvicinarsi a gran velocità ma non fa nulla per avvisare la figlia. Ilaria si accorge di tutto e inevitabilmente tra madre e figlia qualcosa si spezza. Così Ella inizia a scrivere un diario, ogni pagina è rivolta a sua madre, venuta a mancare quindici anni prima. In quelle pagine ammetterà cose che una donna, una madre, non confesserebbe mai, neppure a se stessa.

Spesso diamo per scontato che la maternità sia un’esperienza esaltante, un momento di felicità idilliaca, la realizzazione a cui ogni donna aspira. Eppure sono tanti i falsi miti e i tabù che ruotano intorno a questo tema. Iniziamo dicendo che le supermamme non esistono. Sono il prodotto di una società che vuole la donna una mamma perfetta, sempre sorridente e riposata, appagata e contenta, in grado di risolvere ogni problema. Madri che non conoscono la paura, il sentirsi inadeguate, che non si sentono in colpa ogni volta che qualcosa non va. La maternità, come ogni aspetto dell’esistenza, mostra invece il rovescio della medaglia fatto di ansie e di colpe che si celano nel rapporto madre-figlio.

Ella, la protagonista e voce narrante del romanzo, rappresenta la maternità lontana dall’istinto materno, lontana dall’immaginario tradizionale. Racconta il suo lato oscuro racchiudendolo nella domanda:  «Si può odiare la propria creatura che pur si ama tantissimo?»

Aurelio e Michela, entrambi medici, hanno creato una famiglia all’apparenza perfetta. Lei ha rinunciato al lavoro per dedicarsi a figlia e marito. Ilaria e i suoi rituali ossessivo-compulsivo, assorbono tutte le energie di Ella mentre Aurelio si rifiuta di vedere la realtà.

Aurelio, tu sei mai stato costretto a fare tre giri intorno al palazzo con la macchina anche a notte fonda perché altrimenti il giorno dopo le sarebbe successo qualcosa di brutto? Hai mai assistito alle sue scenate isteriche quando non riesce a fare le traduzioni di greco? Sai come sottolinea tua figlia i libri? Una riga rossa, due gialle e la terza verde. E poi il contrario. Una riga verde, due gialle e una rossa. Ti ha mai buttato un piatto quasi addosso perché c’era il numero sbagliato di penne dentro? Tu non le hai mai visto queste cose, Aurelio, perché Ilaria si vergogna di farle davanti a te.

Ed eccoli i ruoli ben delineati dei genitori. Lui è il papà buono che non nega nulla alla sua amata bimba, con lei ha un rapporto esclusivo che non prevede la partecipazione di Ella. Lei si trova in mezzo tra i rimproveri del marito e i capricci della figlia. Ilaria sa bene come irritare la madre, come ferirla con l’arma delle parole.

Capito, ho ripetuto dentro di me. Capito. Capito che non ne posso più di voi due, di questa situazione, di questa santa alleanza. Il papà buono che difende la figlia sfortunata dalla madre idiota. Andatevene pure, andatevene.

Spesso Ella si sente mancare il fiato e allora si rifugia nella casa della sua mamma defunta. La casa diventa per lei un guscio in cui rintanarsi per fuggire al passato, alle persone, alla paura. Pensieri brutti e cattivi si agitano nella sua mente, nascono dal sentirsi inadeguata come madre e trovano terreno fertile  nell’ambiente familiare e nelle dinamiche che creano solitudine e un senso di inadeguatezza intorno a lei. Tutto è però soffuso, perso in quella terra di mezzo che si colloca tra il desiderare e il mettere in atto tali fantasie. I momenti bui, i sentimenti negativi sono un tabù e non possono essere espressi. Ella sente che la verità è fatta da storie e vicende che lei deve ripercorrere con un cammino irto di ostacoli. Avere brutti pensieri è una cosa che accade, ma così si diventa una madre cattiva e indegna. Il mito della maternità cade in frantumi ma non siate così sicure nel condannare Ella. Nulla accade per caso, non ci sono innocenti e colpevoli. La maternità è un terreno sconosciuto minato che a volte ferisce l’animo con inquietanti turbamenti. Alcune donne si sentono sole, senza appoggio, prigioniere di fantasmi che le assillano e cariche di un pessimismo che le travolge. Le fantasie nere si insinuano nella mente, tenaci e cattive.

“Quello che non sai” è un’avventura travolgente in quel territorio di timori e paure che è la maternità. Con sguardo implacabile, l’autrice racconta l’anatomia di un matrimonio e ci mostra un universo spesso ignoto e ignorato. Si procede con ansia nella lettura, pagina dopo pagina, in un continuo crescendo di tensione. Si oscilla tra passato e presente e l’evolversi del rapporto, tra Ella e sua figlia, tiene con il fiato sospeso fino all’ultima pagina.

Il romanzo si legge con grande partecipazione emotiva grazie alla capacità dell’autrice di dare vita a personaggi complessi e ben sviluppati che spingono i lettori a riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni.

“Quello che non sai” è il racconto di una storia interiore che intreccia una storia d’amore con il sacrificio, la famiglia e la sopravvivenza. Ella è un personaggio capace di suscitare solidarietà e anche un senso di inquietudine, di avversione. Immedesimarsi con lei è facile.

Il romanzo di Susy Galluzzo è una storia intensa e disperata che apre uno squarcio nel lato oscuro di una madre in seria difficoltà. Tuttavia da quella lacerazione potrebbe entrare la luce della speranza per colorare la vita con i colori dell’amore materno.

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