Carissimi lettori, tra i cinque finalisti al Premio Campiello, Selezione Giuria dei Letterati, si è classificato “Il giardino delle mosche” di Andrea Tarabbia, Editore Ponte Alle Grazie. Questo libro racchiude la vita straordinaria di Andrej Cikatilo, il più terribile assassino della storia, raccontata da lui medesimo.
Editore: Ponte alle Grazie | Pagine: 217 | Prezzo: € 16,80
Sinossi: Tra il 1978 e il 1990, mentre in Unione Sovietica il potere si scopriva fragile e una certa visione del mondo si avviava al tramonto, Andrej Cikatilo, marito e padre di famiglia, comunista convinto e lavoratore, mutilava e uccideva nei modi più orrendi almeno cinquantasei persone. Le sue vittime bambini e ragazzi di entrambi i sessi, ma anche donne - avevano tutte una caratteristica comune: vivevano ai margini della società o non si sapevano adattare alle sue regole. Erano insomma simboli del fallimento dell'Idea comunista, sintomi dell'imminente crollo del Socialismo reale. Questo libro, sospeso tra romanzo e biografia, narra la storia di uno dei più feroci assassini del Novecento attraverso la visionaria, a tratti metafisica ricostruzione della confessione che egli rese in seguito all'arresto. E fa di più. Osa raccontare l'orrore e il fallimento in prima persona: Cikatilo, infatti, in questo libro dice "io". È lui stesso a farci entrare nella propria vita e nella propria testa, a svelarci le sue pulsioni più segrete, le sue umiliazioni e ossessioni.
STILE: 8 | STORIA: 8 | COPERTINA: 8
Un uomo è completo quando dà la vita e quando dà la morte: solo così un uomo è un uomo. Io, nonostante la mia debolezza, avevo avuto due figli. Ma mi era sempre mancata la morte. Mi era sempre mancata e adesso ce l’avevo: ce l’avevo! Avevo il più grande dei poteri! Avevo la morte!
“Il giardino delle mosche” è la storia, narrata in prima persona, di Andrej Romanovic Cikatilo, il “mostro di Rostov”. Cikatilo è un uomo dalla doppia personalità, appare tranquillo e normale con la sua famiglia per poi trasformarsi in un mostro assetato di sangue. Dal 1978 al 1990, uccise, mutilò e in alcuni casi mangiò parte dei loro corpi, di circa 56 persone. Le sue vittime erano donne, bambini, ragazzi ed erano tutte persone che vivevano ai margini della società. Cikatilo narra i suoi orrori permettendoci di entrare nella sua testa. Narra le privazioni, le umiliazioni, le ossessioni che lo hanno accompagnato per tutta la vita. Una vita scandita da “mutilazioni”. La carestia che induce al cannibalismo, il padre che parte per la guerra, le violenze dei tedeschi, l’impotenza sessuale. Pagina dopo pagina vediamo il mondo attraverso gli occhi del mostro e assistiamo anche al potere del socialismo russo che si sgretola.
Il libro si compone di tre parti.
“La morte per fame (1936-1978)” in cui Cikatilo narra la sua infanzia caratterizzata da violenze, da una fame disperata, dall’invasione nazista che porta stupri e devastazioni.
“Dissoluzione (1978-1990)” in cui il mostro ci guida alla scoperta dei suoi numerosi delitti, le motivazioni che sono alla base dei suoi terribili comportamenti. Egli si definisce “ Dio della carne”, si sente potente perché può dare la vita e la morte. Per ogni vittima crea una piccola mosca di fili di metallo proprio per mostrare il suo potere sulle povere vittime. Cikatilo è un cittadino che fa parte di un ingranaggio, è una infinitesimale parte della grande macchina sovietica che sta per provare il fallimento dell’idea comunista, sintomo dell’imminente crollo del Socialismo reale.
Il senso della morte, il segreto, è in quell’attimo che sta tra la vita piena e la sua fine: è nel dolore e nella felicità che quell’istante supremo custodisce.
“Il supplizio e la festa (1990-1994)” è la terza e ultima parte del libro. Il pluriomicida è stato arrestato e l’ispettore capo della polizia di Stato, Kostoev, ascolta la sua confessione. Ci sarà un processo e una condanna a morte.
Io sono l’indice e il pollice che schiacciano la mosca.
Leggendo questo libro crudele mi sono spesso domandata come sia stato possibile che Cikatilo uccidesse decine di bambini e ragazzi senza lasciare alcuna traccia. L’allontanamento dalla scuola dove insegnava, le accuse di pedofilia, la stanzetta nel vicolo, le assenze ingiustificate al lavoro, le notti fuori sono tutti elementi importanti eppure su Cikatilo non si è mai posata l’ombra del sospetto. Anche sua moglie, in trent’anni di matrimonio, non si è mai accorta di nulla o non ha voluto vedere volgendo la testa dall’altra parte. Sono tante le domande che scaturiscono da questa lettura, Tarabbia non fornisce risposte ma la lucida e fredda narrazione della vita di un maniaco omicida. Tra le pagine del libro spira un’aria di morte, un’angoscia che attanaglia il cuore. Io di thriller ne ho letti molto nella ferma convinzione che ciò che leggevo era pura fantasia. Davanti alla realtà sono inorridita immaginando gli omicidi delle piccole vittime. Lo scrittore descrive le torture, la perforazione degli occhi e le dita staccate a morsi. Racconta l’eccitazione sessuale del mostro che prova piacere dal profanare i corpi delle sue vittime e sente nelle sue mani il potere della morte.
Non è stata sicuramente una lettura facile, nella mie mente ritornavano le parole “è reale, è tutto reale.”
Qualcuno potrebbe obiettare che le descrizioni crude e crudeli si possono evitare, ma il male fa inorridire e procura disgusto e pietà per le vittime. Anche Cikatilo, mi direte, è stata una vittima delle sue “mutilazioni”, non è una giustificazione ma una constatazione che mi porta a ricordarvi che il male è tra noi. Non esistono uomini totalmente buoni, non esistono uomini totalmente cattivi. “Il giardino delle mosche” è un viaggio alla radice del male.