mercoledì 14 dicembre 2016

WWW Wednesdays #100

 WWW  Wednesdays è una rubrica creata dal blog Should be Reading 
e consiste nel rispondere a tre semplici domande:

-What are you currently reading? (Cosa stai leggendo adesso?)
-What did you recently finish reading? (Cosa hai appena finito di leggere?)
-What do you think you’ll read next? (Cosa leggerai dopo?)


What are you currently reading?
(Cosa stai leggendo adesso?)
 

In questi giorni ho iniziato la lettura di due libri che mi hanno incuriosita subito per il titolo e per la cover molto coinvolgente. Il primo è un'opera della scrittrice Novita Amadei, "Finchè notte non sia più". E' un romanzo dal ritmo lento, almeno le prime pagine sono così, anche se presenta un buon potenziale narrativo. Il secondo libro in lettura è un romanzo che mi sta coinvolgendo intensamente per le tematiche trattate. Si tratta de "La paranza dei bambini" di Roberto Saviano. "Io per diventare bambino c'ho messo dieci anni, per spararti in faccia ci metto un secondo".  Inquietante.

What did you recently finish reading?
(Cosa hai appena finito di leggere?)
 

Ho concluso finalmente la lettura di un libro di ben 751 pagine. E' stata un'avventura che mi ha lasciata con qualche dubbio. Il tomo in questione è "Il rituale del male" di Grangé. Ho invece letteralmente divorato "Il maestro delle ombre", il nuovo romanzo di Donato Carrisi. Continua il ciclo di Marcus e Sandra. Il buio circonda Roma in un abbraccio mortale che libera il Male. L'incubo, per la Città Eterna, è appena iniziato.

What do you think you’ll read next?
(Cosa leggerai dopo?)
   

Cosa leggerò? Sicuramente "L'orco in canonica" di Paolo Cendon. Romanzo ispirato ad una vicenda vera che trattò il tema degli abusi all'interno della Chiesa. Sarà poi la volta di Antonio Manzini con "Orfani Bianchi". La storia ruota intorno ad un personaggio femminile con una vita difficile. Infine leggerò "Il marchio dell'inquisitore" di Marcello Simoni. L'inquisitore è Girolamo Svampa, un detective alle prese con un intricato mistero nella Roma barocca di Urbano VIII.


Sono curiosa di scoprire le vostre letture :)

martedì 13 dicembre 2016

BLOGTOUR "I Medici - Un uomo al potere" di Matteo Strukul | Seconda Tappa - I luoghi e i personaggi

Carissimi lettori, oggi vorrei invitarvi a seguire il blogtour dedicato a “I Medici - Un uomo al potere”, romanzo storico scritto da Matteo Strukul e pubblicato da Newton Compton Editori, che vi porterà a conoscere una dinastia importantissima. Vi appassionerete alla storia dei Medici e sarete coinvolti in cospirazioni e tradimenti. Potrete osservare da vicino gli artefici di una rivoluzione culturale che portò Firenze a un lungo periodo di splendore. Ora, se vorrete venire con me, vi condurrò nei luoghi che videro il potere dei Medici e vi presenterò alcuni dei personaggi che favorirono l’ascesa di Lorenzo il Magnifico.

Un uomo al potere
Matteo Strukul

Serie: I Medici
Editore: Newton Compton
Pagine: 336 | Prezzo: € 9,90 cartaceo

Sinossi: Fra omicidi, tradimenti e giochi di palazzo, seguiamo i Medici sin dagli inizi dell'ascesa alla Signoria fiorentina, in una ridda di intrighi e colpi di scena che vedono come protagonisti capitani di ventura senza scrupoli, fatali avvelenatrici, spietati mercenari svizzeri ma anche artisti geniali e ammalianti cortigiane. L'Uomo al potere di cui si raccontano le gesta nel secondo capitolo della saga è Lorenzo il Magnifico, abile politico, grande mecenate delle arti e poeta egli stesso: seguiremo il suo amore contrastato con Lucrezia Donati e le cospirazioni contro di lui, che sfociarono nel bagno di sangue della Congiura de' Pazzi.




 I luoghi e i personaggi

Firenze, 1469. Inizia l’ascesa al potere di Lorenzo de’ Medici. La città è l’esempio più eloquente dell’intimo rapporto tra i luoghi e la dinastia che ne detiene il potere. La Firenze dei Medici, soprattutto con Lorenzo e la sua “corte”, è il centro delle grandi novità della cultura rinascimentale.

http://i.imgur.com/FfgBL31.jpgPalazzo Medici in via Larga, oggi via Cavour, custodiva le grandiose raccolte artistiche medicee. Il David di Donatello, le opere di Botticelli, del Verrocchio, di Domenico Ghirlandaio, le collezioni di gemme, vasi in pietre dure sono solo alcuni esempi delle bellezze che decoravano le stanze e i luoghi comuni in cui si svolgeva la vita dei Medici.


Nella Firenza di Lorenzo conosciamo anche il giovanissimo Leonardo da Vinci e possiamo curiosare nella bottega di Andrea del Verrocchio, suo maestro.
Per lui la bottega di Andrea del Verrocchio era un regno delle meraviglie: la grande sala con la forgia, e poi il mantice e l’incudine per lavorare il ferro e il bronzo. Le gigantesche impalcature in legno, i trespoli e i ponteggi, che servivano per scolpire statue dalle misure colossali. Sul soffitto si apriva un grandioso lucernaio dal quale, di giorno, si riversava una tempesta di luce.
Concludiamo questo breve tour nei luoghi che videro il potere dei Medici con una visita nella bellissima chiesa di  Santa Maria del Fiore.

http://i.imgur.com/VEESOnO.jpgOgni volta che entrava nella cattedrale, rimaneva incantato nell’ammirare l’altezza
mozzafiato delle colonne e delle campate terminanti nelle volte a crociera. Pareva che gli architetti avessero davvero cercato di unire, con quella straordinaria opera, il cielo alla terra. Le vetrate policrome, disegnate per la maggior parte da Donatello e Lorenzo Ghiberti, accendevano giochi di colore fra i raggi di sole che filtravano all’interno. 

http://i.imgur.com/YeW4I5U.pngTra i personaggi che vorrei presentarvi, il primo è sicuramente Lorenzo il Magnifico. Uomo intelligente e caparbio era destinato, fin dalla sua nascita, a essere il signore di Firenze.

Dopo la morte del padre salì al potere e sposò Clarice Orsini, nobile romana. Subì il più grave attacco nella storia medicea, la Congiura dei Pazzi, nella quale venne ucciso il fratello Giuliano. Lorenzo fu scrittore, mecenate, poeta e umanista, nonché uno degli uomini politici più importanti del Rinascimento. Si circondò di intellettuali come il Poliziano, il Ficino e di artisti come Botticelli e il giovane Michelangelo. Nel romanzo troverete anche la storia che vede protagonisti i sentimenti di Lorenzo. Egli appare come un uomo diviso tra una città da difendere, una donna da amare e una sposa da onorare.
   

http://i.imgur.com/mhN9ZP9.png
http://i.imgur.com/gBNYG9N.pngFu la madre di Lorenzo de’ Medici, Lucrezia Tornabuoni (foto a sinistra), ad occuparsi personalmente della scelta di una moglie per il primogenito.

Lucrezia scelse Clarice Orsini (foto a destra) descrivendola come graziosa nell’aspetto, di carnagione chiara, pia, di buona statura.

La donna fu poco amata dai fiorentini e a lei suo marito preferiva Lucrezia Donati che aveva in sé il fascino puro della seduzione, del mistero e dell’avventura.


http://i.imgur.com/OjS3CQd.png

Concludiamo questo breve viaggio tra i personaggi della Firenze dei Medici con un giovanissimo Leonardo da Vinci.

Grazie al suo maestro Verrocchio, Leonardo poté avvicinarsi a Lorenzo il Magnifico e alla sua cerchia.

Leonardo eseguì per i Medici studi per consulenze militari e ingegneristiche. Leonardo aveva una curiosità senza pari, era attratto da tutte le discipline artistiche, era un acuto osservatore dei fenomeni naturali.

Per lui erano fondamentali la libertà e l’amore per la conoscenza.


Tutto questo e molto di più vi verrà narrato nel romanzo storico “I Medici. Un uomo al potere”. 
Io ho letto la storia di questa dinastia con un totale coinvolgimento. È stato come leggere un thriller con basi storiche, una storia che pone al centro le passioni e le debolezze umane. Un romanzo che non vi deluderà. Nel salutarvi  vi riporto i versi famosissimi scritti da Lorenzo il Magnifico:

“Quant’è bella giovinezza
che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.”




Buon proseguimento e buona lettura :)

venerdì 9 dicembre 2016

RECENSIONE | "Una fredda mattina d'inverno" di Barbara Taylor Sissel

Buongiorno lettori, oggi vi parlo di un thriller che non vi farà perdere il sonno ma vi regalerà una lettura piacevole senza grandi angosce. Il titolo, in perfetta sintonia con il clima di questi giorni, è “Una fredda mattina d’inverno”.

Una fredda mattina d'inverno
Barbara Taylor Sissel (traduzione di M.Silvetti)

Editore: Newton Compton 
Pagine: 334 | Prezzo: € 9,90

Sinossi: In una fredda mattina di ottobre, Lauren Wilder arriva a un pelo dall'investire Bo Laughlin, che camminava lungo il bordo della strada. Bo, un giovane molto conosciuto nella piccola città di Hardys Walk, sembra non aver riportato danni, anche se il sesto senso di Lauren le suggerisce il contrario. La verità è che non si è più ripresa veramente dall'incidente che ha avuto due anni prima e non è in grado di fare affidamento sulle sue capacità mentali. Succede, però, che Bo scompare e la polizia cerca di appurare se la sparizione possa essere ricollegata a lei. Lauren è terrorizzata, non tanto da quello che ricorda, ma soprattutto da ciò che non riesce a mettere a fuoco. Proprio perché non sa ricostruire cosa sia successo davvero, Lauren inizia la sua indagine personale per trovare la soluzione del mistero della scomparsa di Bo. Ma la verità può rivelarsi scioccante più di qualunque menzogna, e purtroppo non sarà lei la sola ad affrontare poi le conseguenze...

STILE: 7 | STORIA: 7 | COPERTINA: 8

Lei lo aveva reso oggetto di pettegolezzi e congetture sussurrate, aveva reso tutti loro degli emarginati, e la realtà di ciò che aveva fatto a lui e ai loro figli era la più affilata delle lame che sentiva conficcate nelle costole. Da qualsiasi parte si girasse, le faceva male.
Una fredda mattina di ottobre, Lauren Wilder rischia d’investire Bo Laughlin, un giovane molto conosciuto nella piccola comunità di Hardys Walk. Quando Bo scompare, Lauren inizia a chiedersi se lei non abbia avuto un ruolo nella scomparsa del ragazzo. La verità è che la donna, due anni prima ha subito un incidente che le ha cambiato la vita. È caduta dal campanile di una vecchia chiesa, un volo di 11 metri, ed era sopravvissuta anche se aveva riportato un collasso polmonare, frattura del bacino, emorragie interne e il suo cervello era andato a sbattere contro le pareti del cranio. Con indicibili sofferenze era riuscita a ritornare a una vita apparentemente normale facendo uso e abuso di OxyContin. Ciò procurava a Lauren, in alcuni momenti, una confusione tra ciò che era vero e ciò che non lo era. Lei non ricorda cosi sia realmente successo con Bo e inizia una sua indagine per scoprire la verità.

“Una fredda mattina d’inverno” è un thriller pacato che non vi procurerà angoscia ma instillerà in voi la curiosità di sapere cosa sia realmente successo. Sul filo del ricordo vero o falso, si gioca la dinamica del romanzo che rimane sempre in bilico tra realtà e immaginazione.

I personaggi non mi hanno conquistata, prevedibili molti dei loro comportamenti. Ho invece amato la storia di Bo, i suoi disagi, l’emarginazione, l’amore materno negato in nome di una possibile serenità. Grazie all’evolversi delle varie storie, la scrittrice introduce temi importanti come la dipendenza, la malattia mentale, i rapporti nelle famiglie allargate. Quando una persona che amiamo è in difficoltà, non possiamo voltarle le spalle. Vivere vuol dire anche combattere per i più deboli, tendere loro una mano, fare delle scelte che possono non rivelarsi ottimali ma sono il segno tangibile di un amore carico di dolore e sofferenza. Nel passato di Bo ho trovato la parte migliore di questo thriller che mi ha regalato emozioni e riflessioni. Non ho condiviso le scelte di alcuni personaggi  anche se in determinate situazioni bisogna esserci per comprendere le motivazioni che portano a delle scelte coraggiose e dolorose.

Tra le pagine di questo romanzo non troverete una storia caratterizzata da forti emozioni . Il ritmo è pacato, lo stile semplice e scorrevole, la trama lineare. Alcuni personaggi si muovono secondo schemi prestabiliti, tutti nascondono qualcosa e quando i misteri vengono chiariti, non c’è la grande meraviglia che ti aspetti in un thriller. Mi è piaciuto il rapporto vero-non vero, ho provato un brivido leggendo il sedicesimo capitolo che ha segnato una svolta importante nella storia. Ho condiviso il senso di precarietà della vita, in un attimo tutto può cambiare e nulla sarà più come prima. In questo frangente è importante avere vicino persone che sanno come aiutarti e che, soprattutto, sanno amarti.

“Una fredda mattina d’inverno” è una piacevole lettura che potrà farvi compagnia nei gelidi giorni che caratterizzeranno i prossimi mesi. 

martedì 6 dicembre 2016

INCONTRO + COMMENTO | "Se un personaggio bussa alla mia porta" di Dacia Maraini

Cari lettori, oggi vorrei condividere con voi un evento che mi ha dato la possibilità di conoscere meglio una delle scrittrici italiane più lette al mondo. La sua ultima pubblicazione la si può interpretare come una lezione di scrittura che è anche una lezione di lettura e di osservazione della realtà. La scrittrice ha vinto il Premio Campiello nel 1990 con “La lunga vita di Marianna Ucrìa” e nel 1999 il Premio Strega con “Buio”.  Dal 2014 è tra i candidati italiani al Premio Nobel per la Letteratura. Il suo ultimo romanzo è “La bambina e il sognatore” (recensione).  In questi giorni è in libreria con “Se un personaggio bussa alla mia porta”. Avrete sicuramente capito di chi si tratta. Ai pochi distratti ricordo il suo nome: Dacia Maraini.


Se un personaggio bussa alla mia porta
Dacia Maraini

Editore: Rai Eri 
Pagine: 79 
Prezzo: € 12,00

Sinossi: Quando un personaggio, "dopo aver bevuto il caffè, mi chiede la cena e poi un letto per dormire, vuol dire che si è accampato nella mia immaginazione, nella mia testa": così Dacia Maraini illustra, in questa breve, profonda lezione di scrittura, un momento cruciale della creazione narrativa. Racconta come sono nati alcuni dei suoi protagonisti, quali sono le funzioni che assolvono nella trama, con quali metodi delinea la loro personalità, come gioca con i dettagli del loro aspetto, con il loro linguaggio... E anche cosa non bisogna mai fare. Ne nasce un percorso attraverso i suoi romanzi, popolati da figure tra le più vivide e amate della letteratura italiana, arricchito dall'appassionata testimonianza di una lettrice vorace e curiosa, attenta al presente ma legata al fascino dei classici, capace di coinvolgerci fino all'ultima pagina in una lezione di scrittura che è anche e prima di tutto una lezione di lettura, e di osservazione attenta della realtà.


  

Come nascono i personaggi? Di solito vengono a bussare alla mia porta. Io apro, il personaggio si siede, prende un caffè, mi racconta la sua storia e poi se ne va. Quando, dopo aver bevuto il caffè, mi chiede la cena e poi un letto per dormire, vuol dire che si è accampato nella mia immaginazione, nella mia testa, in quel momento capisco che devo cominciare a scrivere un romanzo. Il personaggio diventa ossessivo, centrale, mi parla, mi interroga, mi racconta le sue vicende. Piano piano acquisto familiarità, facciamo amicizia, gli costruisco un mondo intorno. E lo racconto.
Così Dacia Maraini ci racconta come sono nati alcuni dei suoi personaggi, il modo in cui assolvono i loro ruoli all’interno della trama, la loro personalità e il modo di agire. Attraverso un percorso affascinante, la scrittrice ripercorre i suoi romanzi mediante le vivide figure dei personaggi. Prima di essere una scrittrice, la signora Maraini si definisce una lettrice vorace e curiosa, amante dei classici e del loro immortale fascino.

  
“Se un personaggio bussa alla mia porta” è una breve ma profonda lezione di scrittura che riserva molti spunti su cui riflettere e mostra il nascere di un romanzo con storie che appartengono a tutti e nello stesso tempo  appartengono a chi le racconta.

Ripercorrendo l’incontro con Dacia Maraini mi ha colpito la sua pacatezza e nel contempo la sua forza nel trattare temi  cari a tutti. La scrittrice usa la parola per spingere lo sguardo oltre, per parlare della fragilità umana, dell’amore che toglie la vita e dona la morte, del trascorrere del tempo. La narrativa diventa il luogo verbale in cui sono compresi i grandi misteri che ci circondano e che finiscono con il proiettarsi nella società, nella metamorfosi umana. La vita è un continuo divenire, l’uomo deve evolversi e accettare questi cambiamenti. Non è facile ma necessario. All’interno di questa evoluzione la scrittrice ha sottolineato i temi a lei più cari. Il femminismo, la libertà individuale, il femminicidio, le famiglie allargate, le migrazioni e l’integrazione di persone che professano religioni diverse. Questi argomenti sono stati trattati dall’autrice con molti riferimenti alle sue opere. Come non ricordare “Chiara di Assisi. Elogio della disobbedienza” e “La bambina e il sognatore”.

Con parole cariche di emozioni, la Maraini ha saputo trasmettere la sua passione per la vita e per la giustizia, il suo impegno in favore dei più fragili e indifesi. Per me è stato un vero piacere ascoltare la scrittrice, la signora Maraini ha ammaliato la platea con le sue intense parole e il suo sguardo sempre sorridente.

sabato 3 dicembre 2016

RECENSIONE | “La donna della cabina numero 10” di Ruth Ware

Buongiorno carissimi lettori :) Questo fine settimana vorrei parlarvi de “La donna della cabina numero 10” (Ruth Ware – Corbaccio), un thriller che non mi ha convinta del tutto.

La donna della cabina numero 10
Ruth Ware (traduzione di V. Galassi)

Editore: Corbaccio | Pagine: 368 | Prezzo: € 16,90

Sinossi: Doveva essere la crociera perfetta. Le luci del grande Nord su uno yacht di lusso, l'Aurora Borealis, in compagnia di pochi e selezionatissimi ospiti. Un'ottima opportunità professionale per la giornalista Lo Blackwood, incaricata di sostituire il suo capo e ben felice di trovare sollievo dallo choc provocato da un tentativo di furto subito nella sua casa di Londra. Ma la crociera si trasforma ben presto in un incubo atroce... Durante la prima notte di viaggio, Lo assiste a quello che ha tutta l'aria di essere un omicidio, proprio nella cabina accanto alla sua, la numero 10. Non solo nessuno le crede, ma la ragazza che dice di aver incontrato nella stessa cabina sembra non essere mai esistita: non è a bordo, nessuno la conosce, e le tracce lasciate dalla sua misteriosa presenza svaniscono l'una dopo l'altra. Bloccata sulla barca e sempre più isolata nella sua ricerca, Lo cade in preda al terrore. Sta forse impazzendo? Oppure è intrappolata in mezzo all'oceano, unica testimone di un delitto e in balia di uno spietato assassino?

STILE: 7 | STORIA: 7 | COPERTINA: 7

Nel sogno la ragazza stava sprofondando sempre più giù, molto al di sotto del frastuono delle onde e delle strida dei gabbiani, dentro gli abissi freddi e cupi del Mare del Nord. I suoi occhi allegri erano bianchi e gonfi d’acqua salmastra, la pelle chiara raggrinzita e i vestiti, stracciati dagli scogli aguzzi, ormai disintegrati.
Una crociera perfetta, su una nave di lusso, per osservare l’Aurora Boreale, si trasforma in un atroce incubo per la giornalista Lo Blackwood. Durante la prima notte di viaggio Lo assiste a quello che lei crede essere un omicidio. L’atto violento avviene proprio nella cabina accanto alla sua, la numero 10. Nessuno, però, le crede. Ogni possibile traccia del delitto svanisce nel nulla. La giornalista è intrappolata in mezzo al mare, si sente inquieta e le minacce non tardano ad arrivare. Lo è alla mercé di uno spietato assassino che nessuno fermerà perché nessuno crede che esista.

“La donna della cabina numero 10” è il secondo romanzo, dopo “L’invito” (Recensione), scritto da Ruth Ware e pubblicato in Italia. I due romanzi hanno dei punti in comune che ho trovato piacevoli e interessanti. In entrambi i lavori c’è una donna in pericolo e le ambientazioni sono parte intrigante del tessuto narrativo. Nel primo libro l’azione si svolge in una villa isolata in un bosco. Nel secondo saliamo su una nave da crociera e, una volta salpati, siamo tutti in balia di un possibile quanto fantomatico assassino. L’ambiente chiuso, il numero esiguo dei personaggi, la difficoltà di dimostrare l’avvenuto atto violento, mi ha fatto pensare ai gialli di Agatha Christie. Lo è un personaggio con più ombre che luci. Una forte depressione ha caratterizzato il suo passato, ora prende antidepressivi, non disdegna l’alcol, soffre di crisi di panico ed è reduce da un furto in casa in cui si è sfiorata la tragedia.
Tutti abbiamo dei demoni dentro di noi, voci che ci sussurrano che non valiamo niente, che se non otteniamo quella promozione o non superiamo brillantemente quell’altro esame riveleremo al mondo che razza di esseri inutili siamo in realtà. Magari è vero. Forse è solo che i miei demoni parlano a voce più alta.
Sulla nave la giornalista denuncia il sospetto omicidio ma nessuno le crede. Questo la porta a sentirsi isolata, in balia dei suoi sospetti che si riversano un po’ su tutti i passeggeri. La narrazione ha un buon ritmo, anche se non mi sono piaciute le interruzioni nell’evoluzione della storia per inserire messaggi di posta elettronica o sul social network. Coinvolgente, invece, l’isolamento della nave durante la navigazione, non c’è alcuna possibilità di contatto con la terraferma e questo contribuisce a creare un’ulteriore situazione di pericolo. Ed è proprio nel pericolo che Lo assume dei comportamenti improbabili, arriva a dubitare della sua sanità mentale vedendo un colpevole in ogni persona presente sulla nave. Tessera dopo tessera il puzzle dell’intricata vicenda si ricompone fino a giungere al gran finale che propone un nuovo mistero al posto di quello appena svelato.

Il fulcro del romanzo è ciò che non appare, le mezze verità, le tracce di una presenza che svaniscono una dopo l’altra, il terrore che pian piano s’insinua nella mente e nel cuore di Lo, la sua indagine che sfocia in una misteriosa complicità. Ho letto questo romanzo trascorrendo ore piacevoli ma senza provare un coinvolgimento totale. Mi aspettavo una storia diversa giocata su un complotto più audace con retroscena di dolore assoluto.

“La donna della cabina numero 10” è comunque un thriller che può regalare momenti di tensione e anche qualche sorriso. Una lettura piacevole ma non indimenticabile.

giovedì 1 dicembre 2016

RECENSIONE | "Il giardino delle mosche" di Andrea Tarabbia

Carissimi lettori, tra i cinque finalisti al Premio Campiello, Selezione Giuria dei Letterati, si è classificato “Il giardino delle mosche” di Andrea Tarabbia, Editore Ponte Alle Grazie. Questo libro racchiude la vita straordinaria di Andrej Cikatilo, il più terribile assassino della storia, raccontata da lui medesimo.

Il giardino delle mosche
Andrea Tarabbia

Editore: Ponte alle Grazie | Pagine: 217 | Prezzo: € 16,80

Sinossi: Tra il 1978 e il 1990, mentre in Unione Sovietica il potere si scopriva fragile e una certa visione del mondo si avviava al tramonto, Andrej Cikatilo, marito e padre di famiglia, comunista convinto e lavoratore, mutilava e uccideva nei modi più orrendi almeno cinquantasei persone. Le sue vittime bambini e ragazzi di entrambi i sessi, ma anche donne - avevano tutte una caratteristica comune: vivevano ai margini della società o non si sapevano adattare alle sue regole. Erano insomma simboli del fallimento dell'Idea comunista, sintomi dell'imminente crollo del Socialismo reale. Questo libro, sospeso tra romanzo e biografia, narra la storia di uno dei più feroci assassini del Novecento attraverso la visionaria, a tratti metafisica ricostruzione della confessione che egli rese in seguito all'arresto. E fa di più. Osa raccontare l'orrore e il fallimento in prima persona: Cikatilo, infatti, in questo libro dice "io". È lui stesso a farci entrare nella propria vita e nella propria testa, a svelarci le sue pulsioni più segrete, le sue umiliazioni e ossessioni. 



STILE: 8 | STORIA: 8 | COPERTINA: 8

Un uomo è completo quando dà la vita e quando dà la morte: solo così un uomo è un uomo. Io, nonostante la mia debolezza, avevo avuto due figli. Ma mi era sempre mancata la morte. Mi era sempre mancata e adesso ce l’avevo: ce l’avevo! Avevo il più grande dei poteri! Avevo la morte!
“Il giardino delle mosche” è la storia, narrata in prima persona, di Andrej Romanovic Cikatilo, il “mostro di Rostov”. Cikatilo è un uomo dalla doppia personalità, appare tranquillo e normale con la sua famiglia per poi trasformarsi in un mostro assetato di sangue. Dal 1978 al 1990, uccise, mutilò e in alcuni casi mangiò parte dei loro corpi, di circa 56 persone. Le sue vittime erano donne, bambini, ragazzi ed erano tutte persone che vivevano ai margini della società. Cikatilo narra i suoi orrori permettendoci di entrare nella sua testa. Narra le privazioni, le umiliazioni, le ossessioni che lo hanno accompagnato per tutta la vita. Una vita scandita da “mutilazioni”. La carestia che induce al cannibalismo, il padre che parte per la guerra, le violenze dei tedeschi, l’impotenza sessuale. Pagina dopo pagina vediamo il mondo attraverso gli occhi del mostro e assistiamo anche al potere del socialismo russo che si sgretola. 

Il libro si compone di tre parti. 

“La morte per fame (1936-1978)” in cui Cikatilo narra la sua infanzia caratterizzata da violenze, da una fame disperata, dall’invasione nazista che porta stupri e devastazioni. 

“Dissoluzione (1978-1990)” in cui il mostro ci guida alla scoperta dei suoi numerosi delitti, le motivazioni che sono alla base dei suoi terribili comportamenti. Egli si definisce “ Dio della carne”, si sente potente perché può dare la vita e la morte. Per ogni vittima crea una piccola mosca di fili di metallo proprio per mostrare il suo potere sulle povere vittime. Cikatilo è un cittadino che fa parte di un ingranaggio, è una infinitesimale parte della grande macchina sovietica che sta per provare il fallimento dell’idea comunista, sintomo dell’imminente crollo del Socialismo reale. 
Il senso della morte, il segreto, è in quell’attimo che sta tra la vita piena e la sua fine: è nel dolore e nella felicità che quell’istante supremo custodisce.
“Il supplizio e la festa (1990-1994)” è la terza e ultima parte del libro. Il pluriomicida è stato arrestato e l’ispettore capo della polizia di Stato, Kostoev, ascolta la sua confessione. Ci sarà un processo e una condanna a morte. 
Io sono l’indice e il pollice che schiacciano la mosca.
Leggendo questo libro crudele mi sono spesso domandata come sia stato possibile che Cikatilo uccidesse decine di bambini e ragazzi senza lasciare alcuna traccia. L’allontanamento dalla scuola dove insegnava, le accuse di pedofilia, la stanzetta nel vicolo, le assenze ingiustificate al lavoro, le notti fuori sono tutti elementi importanti eppure su Cikatilo non si è mai posata l’ombra del sospetto. Anche sua moglie, in trent’anni di matrimonio, non si è mai accorta di nulla o non ha voluto vedere volgendo la testa dall’altra parte. Sono tante le domande che scaturiscono da questa lettura, Tarabbia non fornisce risposte ma la lucida e fredda narrazione della vita di un maniaco omicida. Tra le pagine del libro spira un’aria di morte, un’angoscia che attanaglia il cuore. Io di thriller ne ho letti molto nella ferma convinzione che ciò che leggevo era pura fantasia. Davanti alla realtà sono inorridita immaginando gli omicidi delle piccole vittime. Lo scrittore descrive le torture, la perforazione degli occhi e le dita staccate a morsi. Racconta l’eccitazione sessuale del mostro che prova piacere dal profanare i corpi delle sue vittime e sente nelle sue mani il potere della morte. 

Non è stata sicuramente una lettura facile, nella mie mente ritornavano le parole “è reale, è tutto reale.” 

Qualcuno potrebbe obiettare che le descrizioni crude e crudeli si possono evitare, ma il male fa inorridire e procura disgusto e pietà per le vittime. Anche Cikatilo, mi direte, è stata una vittima delle sue “mutilazioni”, non è una giustificazione ma una constatazione che mi porta a ricordarvi che il male è tra noi. Non esistono uomini totalmente buoni, non esistono uomini totalmente cattivi. “Il giardino delle mosche” è un viaggio alla radice del male.