I caduti di pietra
(Campania 1940-1943; Storia di una regione in cui cadde anche
la cultura)
Genere: Saggio storico
Editore: Photocity edizioni
Prezzo: € 12,50 (cartaceo)
Pagine: 224 (con immagini)
Sinossi: Il 10 giugno del 1940 l'Italia fascista entrava in guerra,
persuasa da un'illusione storica e da calcoli politico-militari totalmente
errati. A Napoli, diventata uno strategico trampolino di lancio verso il
Mediterraneo, la guerra portò enormi disastri, inghiottendo non solo più di
ventimila civili innocenti, ma danneggiando e devastando per sempre una grande
fetta del patrimonio storico, artistico e culturale della città. La stessa
sorte, seppur in misura minore rispetto alle tragedie della problematica città
partenopea, toccò ad altre zone della regione. Numerosi centri furono prima
bombardati dagli angloamericani, poi colpiti dai nazisti in ritirata, e
successivamente usati e violentati dall'occupazione degli Alleati. Questi
ultimi, inizialmente definiti "liberatori", alla fine agirono
ugualmente come un esercito d'occupazione feroce e non meno odioso del nemico
in ritirata. Gli anni della guerra, in Campania, furono tre volte più
devastanti che nel resto d'Italia. Non caddero solo militari e civili. Caddero
anche le pietre angolari della nostra cultura.
Stralci
«...I bombardamenti a
tappeto non prevedevano solo la distruzione delle infrastrutture e degli
obiettivi militari, ma si prefiggevano soprattutto di distruggere il morale
delle popolazioni colpite attraverso la cancellazione delle basilari strutture
civili di una città: palazzi, ritrovi, piazze, monumenti, trasporti, uffici,
fabbriche, chiese. Nulla fu lasciato al caso, né alla pietà...»
«...la città partenopea,
dopo esser diventata il simbolo martoriato delle atrocità di una guerra voluta
solo da un uomo, [...] trovava la forza di liberarsi dei vendicativi tedeschi,
e del tristemente noto comandante Walter Schöll, il giorno prima dell'arrivo
degli Alleati, i quali tra timori, perplessità e gioia della popolazione
partenopea, entravano a Napoli il ‘1° ottobre 1943’. Ma se Mussolini, mesi
addietro, aveva prospettato un indurimento della ‘razza napoletana’ grazie alla
guerra, la realtà storica vissuta dai napoletani fu profondamente diversa, ed
efficacemente esposta dalla relazione del Colonnello Hume al Segretario del
Tesoro degli Stati Uniti...»
«...Tra i partecipanti alla
Grande Guerra, vinti e vincitori, vi era un sentimento di rivalsa pronto ad
esplodere. [...] Il secondo conflitto era prevedibile e pressoché inevitabile.
[...] Tutti erano pronti a rivendicare qualcosa a vario titolo...»
«...i vertici militari, che
supportavano le istituzioni civili del Ministero dell'Educazione Nazionale,
avevano già una parziale idea dei moderni danni da bombardamento aereo, pur non
avendo notizie precise sulle capacità tecniche degli aerei nemici, né sul
potenziale esplosivo delle bombe che sarebbero state riversate sull'Italia
dagli angloamericani. [...] ci si preoccupava particolarmente per gli ‘spezzoni
incendiari’, temibili ordigni che si aprivano e diffondevano metalli
combustibili non estinguibili con acqua o schiuma. Lo ‘spezzonamento’ di aree
urbane era un pericolo reale e temuto, una temibile tecnica che innescava
devastanti incendi su vasta scala, distruttiva dove gli scoppi non vincevano la
resistenza degli edifici, una tattica che avrebbe raggiunto il suo tragico
apice nel bombardamento di Dresda con la ‘tempesta perfetta’, cioè la completa
combustione dell'intera area urbana...»
«...A Napoli le già magre
razioni alimentari venivano dimezzate a metà marzo (1941), la carne appariva
quasi un'utopia, e il caffé, razionato da tempo, era pressoché scomparso. I
napoletani [...] erano costretti a svenarsi se non volevano accontentarsi della
'ciofeca' di orzo e cicoria, cioè dell'imbevibile surrogato consigliato
patriotticamente dal Duce in persona..»
«...Un palazzo del 1600, con una storia di circa 350 anni, era stato quindi
riorganizzato con sale destinate a ‘wine
bar’, come nel Salone degli Ambasciatori, in un
perverso percorso di trasformazioni e violenze alla storia, all'arte e alla
stessa cultura partenopea. Nel corso dei lavori di trasformazione, i tecnici
militari bucarono, ad esempio, le volte di vari ambienti per attrezzarli ed
installare tubature a soffitto, deturpando
i ‘Passetti della Regina’
dipinti da Domenico Antonio Vaccaro, e sfregiando anche i pavimenti di antica
maiolica per creare le canalizzazioni di terra dei servizi, come segnalato in
una relazione dello stesso Bruno Molajoli. Ma uno dei peggiori danni fu fatto
nella Sala di Maria Cristina, dove il
soffitto fu addirittura imbiancato (scialbatura),
facendo sparire l'affresco della ‘Aurora’ del De Mura, un'opera della seconda metà del 1700 realizzata per
Ferdinando IV di Borbone, nella stanza che sarebbe stata riconvertita in sala
di vestizione del Re..»
Informazioni sull'autore
Giuseppe Russo, classe '72, amante della storia e delle tradizioni locali italiane ed europee, tecnico informatico, web master, scrittore di testi tecnici e dottore in scienze del turismo per i beni culturali cum laude, si dedica da anni alla ricerca storica sulle deturpazioni culturali subite durante i periodi bellici del '900. Proprio a seguito di questa passione, termina il percorso universitario con una tesi che oggi rappresenta la base fondante del suo progetto personale: il recupero dei beni culturali e delle tradizioni locali perse o deturpate durante la Seconda Guerra Mondiale.
Impegnato da tempo nel sociale, ha in corso progetti legati alla tutela dell'infanzia che stanno per concretizzarsi in una collana di favole che permetterà, attraverso la completa donazione dei proventi, la messa in sicurezza di istituti scolastici e strutture di accoglienza per bambini. La sua filosofia è semplice: ricordare il passato per costruire un futuro migliore. Su questo motto continua giornalmente ad impegnarsi per contribuire culturalmente, e anche come volontario di diverse associazioni nazionali, alla rinascita del territorio e dei beni culturali italiani.
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