martedì 25 marzo 2025

RECENSIONE | "Il sentiero dei nidi di ragno" di Italo Calvino

Il primo romanzo di Italo Calvino è stato "Il sentiero dei nidi di ragno" pubblicato nel 1947. Con l'intenzione di partecipare a un concorso per giovani scrittori indetto dall'editore Mondadori, Calvino scrisse il romanzo che però non vinse il concorso, ma incontrò l'approvazione di Pavese e venne pubblicato da Einaudi nella collana "I coralli".

Nell'immediato dopoguerra vi furono molti romanzi che trattavano la vicenda bellica appena conclusa. Calvino però racconta la guerra vista con gli occhi di un bambino, Pin, che non sa distinguere il bene dal male, a causa della sua superficialità con cui supera le difficoltà, e non sa decifrare gli eventi della storia.

Pin, il protagonista della vicenda, osserva il mondo dei grandi di cui vorrebbe far parte.



Il sentiero dei nidi di ragno
Italo Calvino

Editore: Mondadori
Pagine: 159
Sinossi

Dove fanno il nido i ragni? L'unico a saperlo è Pin, che ha dieci anni, è orfano di entrambi i genitori e conosce molto bene la radura nei boschi in cui si rifugiano i piccoli insetti. È lo stesso posto in cui si rifugia lui, per stare lontano dalla guerra e dallo sbando in cui si ritrova il suo piccolo paese tra le colline della Liguria, dopo l'8 settembre 1943. Ma nessuno può davvero sfuggire a ciò che sta succedendo qui e nel resto d'Italia. Neppure Pin. Ben presto viene coinvolto nella Resistenza e nelle lotte dei partigiani, sempre alla ricerca di un grande amico che sia diverso da tutte le altre persone che ha conosciuto. Ma esisterà davvero qualcuno a cui rivelare il suo segreto?




Tutti abbiamo una ferita segreta per riscattare la quale combattiamo.

Pin, un bambino ligure di circa dieci anni dalla vita vagabonda e solitaria in un mondo di adulti, vive insieme alla sorella, soprannominata la Nera di Carrugio Lungo, che si prostituisce con i tedeschi. Il bambino trascorre le sue giornate sulla strada e all'osteria raccontando storie di cui non capisce tutto il significato e cantando canzoni malinconiche che parlano di amori perduti e di prigionie. All'osteria c'è anche un gruppo di antifascisti che minaccia lui e la sorella, perché la loro casa è frequentata dai tedeschi e la Nera è una spia. Pin vorrebbe guadagnarsi la fiducia di quel gruppo di uomini e decide di impossessarsi della pistola di uno degli amanti della sorella, un marinaio tedesco. Rubata l'arma, Pin torna all'osteria ma si rende conto che gli uomini non prendono in gran considerazione il suo gesto. L'arma è un vecchio modello, pesante e facile a incepparsi. Il bambino allora decide di tenere per sé l'arma e la nasconde nel sentiero dei nidi di ragno, un luogo magico e segreto che conosce solo lui.

C'è un posto dove i ragni fanno i loro nidi. Solo Pin lo sa. È l'unico in tutta la valle, forse in tutta la zona. Nessun altro ragazzo, a parte Pin, ha mai sentito parlare di ragni che fanno i nidi. Forse un giorno Pin troverà un amico, che lo capisca e che lui possa capire, e allora a lui, e solo a lui, mostrerà il posto dove i ragni hanno le loro tane.

Arrestato e picchiato per il furto dell'arma, Pin conosce in prigione Lupo Rosso, giovane partigiano famoso per le sue imprese. Fugge con lui e si unisce alla brigata partigiana capeggiata dal Dritto. Qui conosce anche Amico, una persona con cui condividere sogni ed esperienze, e Cugino che ha fatto della guerra il suo scopo di vita.

Tuttavia Pin, lavora nella bottega di Pietromagro il ciabattino e fa "pubblicità" alla sorella, non riesce ancora a capire fino in fondo gli eventi che avvengono. Per lui la Storia è un mistero e la guerra un gioco per poter conquistare un posto nel mondo.

Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta di piccoli gesti anonimi, forse domani morirò, magari prima di quel tedesco, ma tutte le cose che farò prima di morire e la mia morte stessa saranno pezzetti di storia.

Questo primo libro di Calvino è molto scorrevole, i dialoghi si alternano a minuziose descrizioni dell'animo umano dei personaggi. Il narratore è esterno e la storia è narrata in terza persona. L'ambientazione è quella di un piccolo paese della Liguria, che richiama Sanremo, città dove crebbe lo scrittore, durante gli anni della Resistenza e dell'occupazione nazista.

È stato coinvolgente leggere il racconto dei fatti e le paure di una guerra visti da un bambino. Pin non può nulla nella dinamica del conflitto eppure è costretto a prendervi parte. Lui non ha legge, non ha una madre, la realtà è una guerra in cui la gente si ammazza e non è colpa sua se il mondo era ostile e non risparmiava nessuno .

È triste essere come lui, un bambino nel mondo dei grandi, sempre un bambino, trattato dai grandi come qualcosa di divertente e di noioso; e non poter usare quelle loro cose misteriose ed eccitanti, armi e donne, non poter mai far parte dei loro giochi.

Ho appreso anche alcuni termini militari e partigiani, ad esempio gap (Gruppi di Azione Partigiana), che indica gli appartenenti a un'organizzazione partigiana, e sten, "l'arma smilza che sembra una stampella rotta".

Nel romanzo i partigiani non sono sempre presentati come degli eroi. Calvino racconta nel romanzo di partigiani che si trovarono a combattere contro i fascisti per semplice casualità o per salvarsi dalla prigione.

Calvino, per rendere il testo più comprensibile, fa un uso frequente delle similitudini e di figure retoriche. Molti personaggi si esprimono in dialetto e Pin adotta il linguaggio dei grandi, proprio per mascherare la sua solitudine e la sua debolezza. Tuttavia non si ha mai il prevalere di una voce ma un coro uniforme e compatto che narra una realtà dove le durezze e i drammi del vivere non vengono nascosti. La condizione umana si manifesta in tutto il suo dolore e non c'è alcuna consolazione, nessuna edulcorazione.

La guerra porta solo violenza e crudeltà, sangue e morte. Calvino la racconta attraverso la mediazione della fiaba che permette all'autore di far intravedere la realtà sotto le spoglie del sogno. Il sesso, la guerra, la morte, l'amicizia, il desiderio, la passione fanno parte della realtà che accompagna la crescita di Pin.

Calvino, ponendo un bambino al centro del racconto, ha lo scopo di alleggerire il discorso. Il tema della Resistenza viene trattato "di scorcio" intrecciato alla storia di Pin che vive in un mondo di adulti che spesso non capisce nella continua ricerca di protezione che alla fine troverà in Cugino. Pin è alla ricerca di sé stesso, affascinato dal mondo degli adulti, ma l'arma è ancora nascosta e "Pin si sente solo e sperduto in quella storia di sangue e corpi nudi che è la vita degli uomini."

"Il sentiero dei nidi di ragno" mescola realismo e fantasia per una lettura che affascina lettori di tutte le età. Ispirata alle vicenda che Calvino ha realmente vissuto nel periodo della Seconda guerra mondiale, la storia rimane ai margini della guerra partigiana ma ne trasmette il suo cuore pulsante in un ritratto crudo e realistico.

Italo Calvino è stato uno dei più importanti scrittori di tutta la letteratura italiana. Il suo impegno culturale, politico e civile, è stato notevole ed è stato terreno fertile per i suoi scritti carichi di innovazione e profonda riflessione. Per le sue opere gli sono stati conferiti numerosi premi letterari ed ancor oggi rappresentano una pietra miliare della letteratura italiana.

giovedì 20 marzo 2025

RECENSIONE | "Il teatro dei delitti" di Marcello Simoni

Vitale Federici e il suo giovane discepolo Bernardo della Vipera, tornano con una nuova indagine nel romanzo "Il teatro dei delitti" (Newton Compton Editori) di Marcello Simoni, amatissimo autore di thriller storici.

Si tratta di un intrigante giallo ambientato in un teatro pieno di segreti. Se volete trascorrere qualche ora in compagnia di una piacevole lettura allora lasciatevi portare per mano da Simoni: è giunta l'ora di alzare il sipario che nasconde la verità.


STILE: 7 | STORIA: 7 | COVER: 7
Il teatro dei delitti
Marcello Simoni

Editore: Newton Compton
Pagine: 224
Prezzo: € 9,90
Sinossi

Firenze, Carnevale 1794. Nel Teatro della Pergola è in corso il primo atto del dramma in musica "Le feste d'Iside" quando uno strepito riecheggia tra i palchetti degli spettatori. A urlare è stata la contessina Ludovica di Corvino, persuasa di aver visto una donna che veniva decapitata sotto un'arcata del fondale scenico. Il precettore Vitale Federici e il suo giovane discepolo Bernardo della Vipera, intenti a seguire lo spettacolo dalla balconata del granduca di Toscana, saranno chiamati a indagare sul caso. Ma all'interno di un teatro, realtà e finzione sono destinate a intrecciarsi in un gioco di specchi, dando all'acuto Federici l'impressione di essere entrato lui stesso a far parte di un'enigmatica messa in scena.





Lo sguardo della contessina Ludovica di Corvino, reso tre volte più acuto dalle lenti del cannocchiale, aveva colto un violento palpitare di luci proveniente da un arco situato fra le colonne del tempio dipinto sul fondale. Quindi scrutò con maggior attenzione in quel punto. Fino a quando un grido d'orrore non le straripò dalle labbra, lacerando la sala teatrale.

Firenze, Carnevale 1794. Nel Teatro della Pergola è in corso il primo atto del dramma musicale "Feste d'Iside" quando un grido riecheggia tra i palchetti degli spettatori. A urlare è stata la contessina Ludovica di Corvino, persuasa di aver visto una donna che veniva decapitata sotto un'arcata del fondale scenico. Il precettore Vitale Federici e il suo giovane discepolo Bernardo della Vipera, intenti a seguire lo spettacolo dalla balconata del granduca di Toscana, saranno chiamati a indagare sul caso.

Il personaggio di Vitale Federici richiama alla mente il detective Sherlock Holmes trasportato nel Settecento, per l'arguzia e il formidabile spirito di osservazione, per l'abilità deduttiva, per gli omicidi in serie, per le situazioni potenzialmente pericolose, per i delitti apparentemente senza soluzione.

Con Marcello Simoni si diventa viaggiatori nel tempo in compagnia di personaggi, buoni o cattivi, che non nascondono le loro fragilità, le loro emozioni e le loro speranze. Tutti nascondono dei segreti e hanno desideri inconfessabili. La Storia è già un gran mistero da risolvere e Simoni è bravo ad armonizzare le nozioni storiche con gli elementi narrativi. Nei suoi romanzi c'è sempre la ricerca del colpo di scena, di una narrazione dal ritmo incalzante che spinge il lettore a voltare una pagina dopo l'altra, fino alla fine della storia.

"Il teatro dei delitti" non si sottrae a questo vademecum e trasporta il lettore in un vortice d'avventura creato nel teatro della Pergola che esiste davvero a Firenze. Fondato dall'Accademia degli Immobili nel 1657,  era dotato  dei caratteristici palchetti del teatro all'italiana. Inizialmente riservato alla corte, fu poi aperto al pubblico pagante. Anche "Le feste d'Iside" è un dramma in musica esistito realmente e mandato in scena per la prima volta alla Pergola il 10 febbraio 1794, in occasione del Carnevale. Qui si innesta la fantasia dell'autore che crea personaggi pronti ad affrontare nuovi misteri e intrighi. Il duo investigativo, Vitale Federici e Bernardo della Vipera, è affiatato e quasi infallibile.  

Marcello Simoni, in questo romanzo, costruisce una narrazione ricca di enigmi e colpi di scena, una storia intrigante e dal ritmo avvincente con capitoli brevi e personaggi inventati che interagiscono con quelli realmente vissuti. Anche qui, come in tutti i lavori dell'autore, vi è un minuzioso lavoro di documentazione che permette a Simoni di descrivere le armi da fuoco, i meccanismi del teatro, l'orologeria, che hanno caratterizzato l'epoca in cui è ambientata la storia. Nel complesso posso dire di aver apprezzato questo romanzo breve che ho letto in poche ore.

Marcello Simoni con "Il mercante di libri maledetti", il suo romanzo d'esordio, è stato per oltre un anno in testa alle classifiche e ha vinto il 60esimo Premio Bancarella. La saga che narra le avventure di Ignazio da Toledo ha consacrato Simoni come autore culto di thriller storici. Con la Newton Compton ha pubblicato numerosi bestseller, tra cui la trilogia Codice Millenarius Saga e la Secretum Saga.

"La cattedrale dei morti", "La taverna degli assassini" e "Il teatro dei delitti" sono i primi tre titoli della serie che vede Vitale Federici sempre alle prese con casi complessi in cui si assiste alla metamorfosi del male. Ciao Simoni, ci si rivede tra le pagine del tuo prossimo romanzo!

martedì 18 marzo 2025

RECENSIONE | "Il male che non c'è" di Giulia Caminito

Nel nuovo romanzo di Giulia Caminito,"Il male che non c'è" (Bompiani), il protagonista è ossessionato dalle malattie. Le sente dentro di sé e nella sua mente. Nel tentativo di scoprire cosa non va nel suo corpo, l'uomo, giovane trentenne, trascura il lavoro, la fidanzata e la famiglia. Allontana amici e conoscenti. I suoi rifugi sono il web e i ricordi d'infanzia.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Il male che non c'è
Giulia Caminito

Editore: Bompiani
Pagine: 272
Prezzo: € 18,00
Sinossi

Tutto comincia nel tempo dell’infanzia, che Loris trascorre nell’orto di nonno Tempesta. Quando è insieme al nonno, il bisogno eccessivo di leggere per scacciare le angosce scompare e lui impara cose meravigliose come costruire una voliera per allevare i colombi, fedelissimi e iridescenti. Ma ora Loris ha trent’anni, ha fatto della lettura il suo mestiere, ha un appartamento e una fidanzata. Ma il lavoro in casa editrice è precario, l'ansia di non essere all'altezza dell'età adulta lo schiaccia, lo divora. Tempesta, i colombi, l’infanzia sembrano perduti per sempre. Giorno dopo giorno, Loris scivola dentro sé stesso, concentrato sui segnali di allarme che il corpo gli manda. C’è un male che lo assedia, ne è certo, un male che nessuno vede tranne lui, così come solo lui vede Catastrofe, la creatura mutaforme – occhi di gatta, pelle di pesce, orecchie da lupa – che gli siede accanto nei momenti più difficili.





Non so se lei può capire, dottore, ma io sono certo ci sia qualcosa, ognuno di noi conosce il proprio corpo e lo sente, e poi non c'entrano i valori comuni del sangue, l'emocromo completo, e non c'entra l'ecografia, il gel freddissimo sulla pelle, io voglio vedere dentro, voglio indagare le anse, i pertugi, i vicoli ciechi del mio intestino, delle mie membrane, dove si annidano i ragni violino, i più cattivi.

Il protagonista del romanzo di Giulia Caminito è un giovane uomo ossessionato dalle malattie. Per scoprire le patologie, frutto di fantasia, che secondo lui lo affliggono, si sottopone a continui esami diagnostici e assume numerosi farmaci che lui stesso si autoprescrive. Ma tutti i dottori consultati, ogni analisi eseguita, confermano un'unica diagnosi: Loris non ha nulla, è tutto frutto della sua mente.

Loris, questo è il nome del personaggio, è un uomo cupo prigioniero di un male, come dichiara il titolo, che non c'è. Anche se il male non c'è, Loris percepisce un dolore reale che invade ogni parte del suo corpo. Quel dolore, come una Bestia che lo divora, lo tiene lontano dal mondo intero e lo proietta in un'esistenza fatta di ricerche sui siti medici, di compilazioni di lunghi elenchi di sintomi spie di multiple patologie e di voli pindarici nel campo medico con atterraggi nei blog di malati veri o presunti. L'uomo si rifugia allora nei ricordi d'infanzia e ha un'amica immaginaria. Si tratta di Catastrofe, una creatura seducente, beffarda e mutaforme (gatta, lupa, amica, sposa), che si manifesta nei momenti in cui il dolore si fa quasi insopportabile. È come se Loris desse un corpo al proprio dolore, lo rendesse visibile e concreto.

Grazie ai blog, Loris non si sente solo. Ci sono tante persone che condividono con lui problemi seri di salute come Maddie che nel suo blog ha un diario sulla sua malattia. Lei racconta quotidianamente la sua odissea e raccoglie fondi per la terapia.

Il protagonista sembra vivere due vite. Quella reale lo vede immerso tra i suoi libri, non coinvolto dal lavoro di stagista presso una piccola casa editrice, quasi sempre in disaccordo con la fidanzata e con i genitori. In lui domina l'ansia di non essere all'altezza dell'età adulta. Ansia che lo schiaccia e lo divora. Poi c'è la vita parallela che lo vede attivo nella ricerca dei suoi sintomi, nel districarsi tra studi medici per prenotare visite di controllo specialistiche che, naturalmente, non portano mai a nulla. L'uomo sente di avere un male dentro di lui, un male capace di cancellare ogni barlume di speranza.

Loris accoglie in sé le aspettative che gli altri hanno proiettato su di lui. Non sarà mai il lavoratore propositivo, il figlio modello, il fidanzato premuroso. Non si riconosce in nessun ruolo sociale e fugge via sull'isola felice della sua infanzia. Scopriremo un Loris bambino che adora trascorrere il suo tempo con il nonno Tempesta che alleva colombe in una grande voliera posta in giardino. Con lui, Loris è felice e scompare il suo bisogno eccessivo di leggere per allontanare le angosce. Nonno Tempesta e l'amico Gelo, arrivato dalla Romania, sono un balsamo per il bambino. Il nonno, vissuto in Africa al tempo del colonialismo, ha tanti aneddoti e avventure da raccontare all'amato nipotino.

Giulia Caminito racconta se stessa e la sua generazione che ha sperimentato la solitudine della Rete e della precarietà. Lo fa alternando momenti colmi di spietata tensione a periodi in cui l'emozione regna sovrana. Tuttavia si può scorgere, fate attenzione, un'ombra di speranza. Un'ombra in trappola nella torre della solitudine.

L'ipocondria diventa protagonista di una storia intensa. L'insicurezza e l'angoscia crescono in modo direttamente proporzionale alla crescita del protagonista. Diventare adulti non é facile. La precarietà, l'isolamento a cui ci ha condannato la tecnologia, la depressione sempre dietro l'angolo, sono mali invisibili che ci accompagnano. Sono i peggiori, i più crudeli. Da questo terreno fertile nasce Catastrofe, l'ipocondria che si materializza e si manifesta nei momenti più bui.

Catastrofe è l'insieme di tante paure, dell'angoscia di non farcela, di non essere come gli altri, di ammalarsi e di morire.

Caminito usa uno stile essenziale per presentare personaggi che si perdono in un mondo simile a una corsa a ostacoli, per dare voce a un'oscurità che esiste. Non tutti hanno resistenza e volontà, diventa sempre più difficile emanciparsi dalla famiglia, farsi strada in un mondo lavorativo dominato dallo sfruttamento, sopravvivere con un misero stipendio, affrontare i disservizi del sistema sanitario nazionale, affrontare il primo appuntamento con la Morte che si porta via una persona cara.

La nostra società è fatta di maschere che giudicano, i volti sono davvero pochi. In questa nebbia di malessere e aggressività è facile perdersi. Sono innanzitutto persone che vogliono essere visti non tanto per i propri pregi ma per le proprie mancanze. Incatenati a un malessere che nasce anche dall'essere non capiti, vivono un dolore perenne per ciò che non sono in grado di essere. Si sentono non compresi, non ascoltati, non visti. Sono continuamente alla ricerca di un'identità, vogliono essere riconosciuti per ciò che sono comprese le loro imperfezioni e insicurezze.

Riuscirà Loris ad approdare a un lieto fine? Ci sarà una luce in fondo al tunnel?

Giulia Caminito riesce a trasformare i disagi in parole, con sensibilità procede lungo il confine tra dolore fisico e mentale, tra quello che vediamo e quello che facciamo finta di non vedere. Una lettura ricca di poesia, un viaggio nella vulnerabilità che ripercorre un'oscurità che si cela nel corpo.

Il dolore sta lì e spinge, spinge e diventa bolo, nodulo, è sodo, lo puoi tastare sottopelle, finché il guscio non si crepa e qualcosa esce.

L'ipocondria, la fragilità emotiva, il malessere che ci portiamo dentro, sono zavorre che appesantiscono il nostro cammino per le vie del mondo. Eppure, ne sono sicura, una possibilità di rinascita c'è. L'ancora di salvezza è in noi, il difficile è trovarla.

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