mercoledì 6 agosto 2025

RECENSIONE | "La morte di Auguste" di Georges Simenon

Continua il mio viaggio tra le opere di Georges Simenon, questa volta si tratta di un romanzo breve, "La morte di Auguste", scritto nel 1966.  Simenon, uno dei più prolifici ed eccezionali scrittori del Novecento, racconta i difetti e l'animo umano attraverso le dinamiche che si sviluppano fra tre fratelli alla morte del loro anziano padre.

STILE: 8 | STORIA: 9 | COVER: 7
La morte di Auguste
Georges Simenon

Editore: Adelphi
Pagine: 155
Prezzo: € 18,00
Sinossi

Arrivato cinquant’anni prima dalla nativa Alvernia senza un soldo in tasca, Auguste Mature, che muore, schiantato da un ictus, all’inizio di questo romanzo, è riuscito a trasformare il piccolo bistrot di rue de la Grande-Truanderie, dove andavano a bere un caffè corretto o a mangiare un boccone i lavoratori dei mercati generali – il «ventre di Parigi», come li chiamava Émile Zola –, in un ristorante che, pur conservando i vecchi tavoli di marmo e il classico bancone di stagno, è ora frequentato dal Tout-Paris. Gli è sempre stato accanto il figlio Antoine, il quale, prima ancora che la camera ardente sia stata allestita, deve fare i conti – alla lettera – con il fratello maggiore, un giudice istruttore aizzato da una moglie arcigna, e con quello minore, un cialtrone semialcolizzato che millanta fumosi progetti immobiliari e sopravvive spillando soldi al mite, generoso Antoine. Lo stesso Antoine contro cui ora si accanisce, sospettandolo di aver sottratto il testamento del padre e di volersi appropriare di un «malloppo» sicuramente nascosto da qualche parte. 



Come aveva potuto vivere tanti anni senza rendersene conto? Per lui, fino al giorno prima, i suoi fratelli, erano i suoi fratelli. Se non li vedeva spesso era perché ciascuno aveva preso una strada diversa. Soltanto lui era rimasto nella casa dov'era nato, e probabilmente per questo non aveva mai intuito i loro problemi. 

Un uomo, l'anziano ristoratore Auguste, muore all'improvviso mentre sta lavorando nel ristorante che aveva aperto a Parigi. Ci andavano ministri, delegazioni diplomatiche e persone famose. Aveva vinto anche due stelle Michelin. Il ristorante rendeva bene ma Auguste non aveva mai confidato a nessuno cosa ne facesse di tutti quei soldi. 

Arrivato cinquant'anni prima dalla nativa Alvernia senza un soldo in tasca, Auguste Mature, era riuscito a trasformare il piccolo bistrot di rue de la Grande-Truanderie, dove andavano a bere un caffè corretto o a mangiare un boccone i lavoratori dei mercati generali, in un ristorante frequentato dal Tout-Paris. Gli era sempre stato accanto il figlio Antoine che, prima ancora che la camera ardente sia stata allestita, deve fare i conti con una famiglia già sul piede di guerra per reclamare l'eredità. 

"Chi si occupa della successione?"

"Cosa vuoi dire?"

"A quanto pare c'è in gioco un milione, senza contare il ristorante... Noi siamo tre... Queste faccende non si trattano alla leggera... Di solito c'è un notaio che ha cura degli interessi di ciascuno e bada a che tutto si svolga nella debita forma"

"Non so se nostro padre aveva un notaio..."

"Lo trovi normale, tu, che non abbia fatto testamento?"

"Probabilmente pensava che i suoi figli si fidassero di me." 

"Ma pensa! Papà muore, e non c'è traccia del milione che ha guadagnato negli ultimi vent'anni. Il tuo, di milione, te lo sei messo al sicuro. Il suo è sparito come per incanto." 

Auguste aveva tre figli, diversissimi tra loro: Antoine, mite e fedele, lavorava con il padre ed era diventato socio anche se non c'era un documento per dimostrarlo; 

Ferdinand non amava il lavoro del padre, aveva studiato ed era diventato giudice, si era trasferito con la famiglia in un moderno appartamento che deve ancora terminare di pagare. Un po' di soldi sarebbero ben accetti; 

Bernard è la pecora nera della famiglia. Vive di espedienti e affari non proprio cristallini. È un sognatore fallito, semialcolizzato. Sopravvive spillando soldi al mite e generoso Antoine. Diffida di tutti e senza nemmeno onorare la salma del padre, inizia a chiedere: "Dove sono i soldi?". 

La moglie di Auguste, madre dei tre fratelli, non riconosce più nessuno, sembra "immateriale da tanto era diventata magra." 

Naturalmente anche le cognate non volevano rimanere in disparte e intervengono in questa interessante vicenda ereditiera esprimendo a mezza voce la loro esortazione verso i rispettivi mariti e compagni: "Spero che non ti lascerai mettere i piedi in testa. Ad ogni modo io sarò lì". 

Ognuno mostra il peggio di sé. Il denaro è una cartina al tornasole dei caratteri, migliori e peggiori, degli esseri umani. La tensione tra i personaggi è palpabile così come è evidente la loro normale mediocrità. I figli di Auguste hanno dentro un gran caos, sono individui aridi e manipolabili. 

Bernard e Ferdinand si accaniscono contro Antoine sospettandolo di aver fatto sparire il testamento del padre e di volersi appropriare del "malloppo" nascosto da qualche parte. 

Cosa succederà? Riuscirà la famiglia Mature a superare lo scoglio dell'eredità o entrerà nel limbo delle cose non dette, dei sospetti sussurrati, delle identità mai pienamente acquisite? 

Simenon, ancora una volta, mette in scena un dramma familiare scoperchiando il vaso di Pandora da cui fuoriescono risentimenti, attriti, segreti, invidie e menzogne. I legami familiari sono analizzati alla luce delle dinamiche di potere tra i personaggi. Sospetti, ipotesi senza alcun fondamento, realtà distorte e bramosia di una ricchezza che, pur a portata di mano, sembra evaporare. 

Così mentre Auguste riposa nel suo letto eterno, i suoi figli, tranne uno, sono pronti a scontrarsi senza alcuna pietà. 

Per Antoine, forse anche per altri, lui non era soltanto morto. Non esisteva più. Al suo posto non restava niente. Non lasciava niente dietro di sé. 

"La morte di Auguste" è un libro intenso e amaro, un libro che non teme la verità. I personaggi sono persone che si sentono sole nell'affrontare problemi e ansie. Con uno stile sobrio, con attenzione alle atmosfere, ai profumi, ai quartieri cittadini, ai gesti quotidiani e agli interni domestici, Simenon tratteggia le debolezze umane dando un'immagine non confortante dell'umanità. Bastano poche pagine all'autore per narrare, avendo come sfondo la presenza della morte, un conflitto familiare generato dall'avidità. La storia, siamo nel 1961, si svolge nell'arco temporale di pochi giorni, dal venerdì sera (quando muore Auguste) al martedì mattina (funerali dell'uomo). 

I libri di Simenon sono, per me, un tuffo dal trampolino nel mare oscuro dell'umanità. Si entra in contatto con un mondo che crediamo di conoscere. Nuotiamo tra le onde del vivere e del morire. Guardiamo gli uomini che non vivono ma sopravvivono. Si avanza in un percorso tortuoso, pericoloso e tormentato. L'incontro con la morte è inevitabile ma prima c'è la vita, lo scorrere del tempo che tutto deforma e a volte cancella. Se poi abbiamo ancora un po' d'energia, allora ci immergiamo per esplorare gli anfratti più reconditi dell'animo umano alla ricerca di possibili tracce lasciate dai personaggi che tanto ci somigliano. 

Dopo aver letto questo breve romanzo ho chiuso il libro con la consapevolezza che l'opera di Simenon è un piccolo gioiello per chi cerca nella letteratura anche il piacere della riflessione: 

C'era una volta una famiglia che, al cospetto del dio denaro, si trasformò in un nido di vipere. A noi decidere se è immaginazione o realtà.

venerdì 1 agosto 2025

RECENSIONE | "Quel confine sottile" di Silvia Napolitano

Bollati Boringhieri pubblica "Quel confine sottile" di Silvia Napolitano. Silvia Napolitano è sceneggiatrice per il cinema e la televisione (“I bastardi di Pizzofalcone”, “Mina settembre”). L'autrice ha fatto parte per vent'anni della giuria Premio Salinas e insegna Sceneggiatura al Centro Sperimentale di Cinematografia. "Quel confine sottile" è un noir che segna l'esordio dell'autrice nella narrativa di genere poliziesco.

STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Quel confine sottile
Silvia Napolitano

Editore: Bollati Boringhieri
Pagine: 368
Prezzo: € 18,00
Sinossi

Fabrizio Mieli, psicoanalista, ha in cura Zac, un ragazzino schizofrenico di quattordici anni, bello come un elfo e che ha per amici solo bambini morti. Un giorno Zac gli racconta di aver trovato nel fiume il cadavere senza testa di un'adolescente: un morto vero, questa volta, non uno dei suoi fantasmi. Il cadavere decapitato è di Juliette, tredici anni, francese. Nessun indizio, nessun testimone. Bruno Ligabue, commissario solitario e con un macigno nel cuore, inizia a indagare, e presto scopre che il proprietario di un bar frequentato da giovanissimi offre da bere, e forse altro, a ragazzine che non sanno dir di no. È una pista, la prima. Ma con Ligabue non è d'accordo Agostina Picariello, la PM che si occupa del caso, donna brusca e straordinariamente brutta. Il conflitto tra i due è immediato, istintivo: Agostina, infatti, è convinta che sia stato Zac, il ragazzino che l'ha trovata, a uccidere Juliette, mentre il commissario dissente profondamente. Due piste, due caratteri, due visioni del mondo opposte. Ma Ligabue e la Picariello sono assai più simili di quello che pensano: man mano che l'indagine va avanti emergono gli errori, le paure, le mancanze di entrambi. La scoperta dell'assassino sarà inaspettata, e passerà per vie misteriose e oscure. Ma insieme alla soluzione del caso ci saranno le rivelazioni dei personaggi, e le loro verità più profonde affioreranno come era affiorato il cadavere di Juliette dal fiume.



Zaccaria Bendicenti, detto Zac, un ragazzino schizofrenico di quattordici anni che ha per amici solo bambini morti, è il protagonista di questo romanzo corale. Un giorno Zac trova davvero un cadavere: è quello di una ragazzina decapitata vicino a un fiume. Una terribile scoperta che Zac racconta a Fabrizio Mieli, il suo psicoanalista. 

Lui, e solo lui, sapeva dove si era impigliato il corpo: era già coperto di detriti e alghe di fiume, e un paio di dita bianche e molli aggrappate a un lichene lo trattenevano. Il corpo era senza la testa: un vestito a pois azzurri faceva pensare a una donna molto giovane, forse a una ragazza. 

Il cadavere è quello di Juliette, tredici anni, francese scomparsa da un campeggio appena fuori Roma qualche giorno prima. 

Così era scomparsa, nel buio che iniziava a farsi penombra: quell'ora intermedia, di confine, in cui non si sa se quello che accade è reale o solo un'illusione. 

Nessun indizio, nessun testimone. 

Bruno Ligabue, commissario solitario e con un macigno nel cuore, inizia a indagare e scopre che il proprietario di un bar frequentato da giovanissimi offre da bere, e forse altro, a ragazzine vulnerabili. É una prima pista in un caso che si annuncia oscuro e complesso. 

"Quel confine sottile" è un noir corale immerso in atmosfere inquietanti. La trama principale si moltiplica in sottotrame che riguardano i personaggi e i loro dilemmi esistenziali, il senso di ambiguità e di angoscia che li pervade. Si crea un mondo spesso al di là del bene e del male dove i personaggi, cupi e tormentati, hanno con il resto del mondo un rapporto conflittuale perché hanno dentro l'oscurità e vedono l'oscurità nel mondo. Dietro il loro sguardo si cela l'abisso situato su quel confine sottile tra la vita e la morte. Presi singolarmente i vari personaggi sono persi, fragili ampolle di cristallo destinate a frantumarsi in mille pezzi. 

Quando c'è da espiare, la vita è più facile, nulla ti tocca, nulla ti piace, la navigazione è rassicurante e placida: è come essere in galera... ma le sbarre sono le tue, e la guardia che ti chiude in cella ha la tua faccia

Tante solitudini destinate a formare una strana famiglia. Unire i propri dolori, essere ognuno il sostegno dell'altro, superare i silenzi e le separazioni, diventa un'ancora di salvezza. Persone che prima non si conoscevano, coinvolte in un'indagine complessa e drammatica, finiscono per oltrepassare insieme il confine tra colpa e innocenza, tra verità e bugia, tra bene e male. In questa ragnatela affettiva si può comunicare moltissimo anche senza le parole. Basta uno sguardo, una carezza improvvisa, un abbraccio. 

Siamo parte di un'unica, gigantesca cellula umana che soffre. 

Romanzo corale in cui le vite dei personaggi si intrecciano come fili di un unico tessuto: 

Zac, il ragazzino schizofrenico, era felice di avere i suoi amici morti con cui stava benissimo, assai meglio di come stava con i suoi pochi amici vivi che erano noiosi e tristi. 

Fabrizio Mieli, il suo analista, è un uomo in crisi. Il suo matrimonio sta naufragando e lui si ritrova a lottare con i propri demoni interiori. 

Aurora, luminosa mamma di Zac, è una donna in cui convivono dolore e amore per la vita. 

Raimondo Buccini, medico legale scorbutico ma pronto all'amicizia. 

Bruno Ligabue, commissario di polizia, tormentato dal rimorso e dal dolore più profondo che si possono immaginare. La sua vita è tenuta in piedi grazie alla tenacia e alla passione per il lavoro. 

Brenda, donna dal carattere forte, che proverà a far uscire Ligabue dal suo isolamento. 

Agostina Picariello, la pm che segue il caso, combatte il suo buio personale con certezze granitiche e razionali. Convive con i fantasmi del passato rinchiusi in avvenimenti che non vuole ricordare. È brusca, priva di empatia e cinica. Il conflitto tra la pm e il commissario è immediato: Agostina è convinta che il colpevole sia Zac, Bruno non è d'accordo. 

Il confine è sottile, sottilissimo. Una carta velina. Sei da questa parte, e un attimo dopo sei dall'altra. Tutti abbiamo un confine sottilissimo, la linea di demarcazione che separa un attimo dall'altro. 

Ognuno di noi ha sperimentato sulla propria pelle "le mille morti che affollano le nostre vite; quegli attimi indelebili e fuggenti che ti fanno morire restando vivo." 

Subire una violenza, perdere una persona cara, cercare la propria identità, nascondersi dietro una maschera che non ci appartiene, sono confini segnati dalla sofferenza, dai sensi di colpa, dalla mancanza di coraggio. 

Intenerisce il cuore anche la presenza, nel romanzo, di Bulli, il cane psicotico a cui Bruno aprirà le porte della sua casa e del suo cuore. Bulli, dopo aver sofferto tanto, finalmente è un cane amato che ha una possibilità di felicità. 

"Quel confine sottile" è un romanzo con un profondo senso di umanità. Un'umanità sicuramente fragile e in difficoltà che la vita ha messo a dura prova. Man mano che la lettura procede si delinea all'orizzonte la soluzione del caso, ci saranno anche le rivelazioni dei personaggi e le loro verità più profonde affioreranno come era affiorato il cadavere di Juliette dal fiume. 

Tra i tanti personaggi il mio cuore è stato conquistato da Zac, il ragazzino che vive tra il mondo reale e quello dei suoi fantasmi. 

Zac assomigliava alla natura più incontaminata: era come un temporale, un grillo, un prato in piena fioritura, o una grande aquila che va dove le pare. La natura come armonia ed equilibrio, la natura che non si stupisce, che vive e muore e vive ancora, senza alcuna differenza. 

"Quel confine sottile" è un noir dal sapore amaro che sonda i confini invisibili che, per essere oltrepassati, reclamo un pagamento in lacrime e dolore. Oltrepassare quella linea di demarcazione vuol dire entrare in un luogo di possibilità e ospitalità, punto di incontro e rifugio, dell'ascolto reciproco. Il confine diventa una linea di contatto che non solo separa, ma anche unisce dando ai protagonisti la possibilità di condividere e vivere le emozioni con intensità adeguata. Rafforza il senso di appartenenza, si scopre di essere parte di qualcosa, di poter gestire i sensi di colpa, la rabbia, la frustrazione, il senso di oppressione. 

La lettura di questo romanzo alterna momenti di calma riflessione a lampi improvvisi di brutalità, rispecchiando la dualità di alcuni personaggi. Si respira sicuramente un'atmosfera malinconica frutto di uno scavo nelle emozioni e nei ricordi. 

É una storia che parla di scelte, di cambiamenti, di speranze. Se guardate con attenzione la cover, noterete i bastoncini del gioco Shanghai. 

Il gioco consiste nel far cadere i bastoncini su un tavolo, occorre poi sfilare un bastoncino alla volta senza urtare gli altri. Potremmo considerare questo gioco come metafora della vita. È possibile, nell'esistenza, non urtare coloro nei quali per sorte ci si imbatte? Le vite dei protagonisti sono in costante movimento alla ricerca di un po' di equilibrio. In un sistema condiviso di regole si può avere libertà di scelta, soddisfazione e felicità, senza recar danno agli altri. I bastoncini rappresentano anche i problemi che incontriamo. Affrontarli tutti in una volta è impossibile. Eliminare un bastoncino alla volta vuol dire risolvere un problema alla volta alleggerendo la matassa che ci immobilizza. Strategie di gioco che si fanno strategie di vita per rielaborare la libertà del movimento personale senza recar danno. Lo sanno bene tutti i protagonisti, basta un attimo per cambiare il corso degli eventi. Tuttavia vivere è ancora bello. Così nella strana famiglia che si formerà in nome di una reciproca e potente pietà, alla fine ognuno troverà il suo posto. Almeno per un po'.