sabato 31 gennaio 2015

RECENSIONE | "La compagnia della morte" di Alfredo Colitto

Cari lettori, ultimamente ho acquistato molti libri e il mio borsellino piange singhiozzando. Tuttavia vi chiedo: si può andare in libreria, trovare un libro a 1,90 euro e non comprarlo? No, non si può! Così sorda alle proteste del mio amato-odiato borsellino ho acquistato “La Compagnia della Morte” di Alfredo Colitto, edito Piemme che lancia la formula “Scopri L’autore”.


La compagnia della morte


Autore: Alfredo Colitto 



Editore: PIEMME

Pagine: 148
Prezzo: € 1,90  (cartaceo)

Sinossi: 
Napoli, 14 agosto 1655. Il caldo torrido del pomeriggio non dà pace alle vie affollate della città, ma il pittore Sebastiano Filieri non può restarsene tra le fresche mura della cappella di Palazzo Agliaro, dove sta dipingendo un ciclo di affreschi. Lo attende un compito difficile: dire addio a Maria, la sorella di sua moglie Angela, l’ultimo affetto che gli resta della sua famiglia decimata. Mentre Sebastiano è al suo capezzale, la donna pronuncia poche parole: un delirio, all’apparenza, ma a lui rivelano una verità che cercava da anni. La verità sulla morte di Angela. Quelle parole lo riportano ai tragici giorni della rivolta di Masaniello, quando era entrato nella Compagnia della Morte, una società segreta di pittori che durante la notte cercavano e assalivano i soldati spagnoli nelle vie di Napoli, per testimoniare con la spada che la loro città mai si sarebbe rassegnata al dominio straniero. Ma una notte, di ritorno da una missione, Sebastiano aveva trovato la moglie e la figlia crudelmente assassinate, da una persona che ormai era già morta. Distrutto dal dolore, aveva lasciato la Compagnia. Ora, però, accanto a Maria, morente, comprende che il colpevole è un altro, e che la vendetta è ancora possibile.



STILE: 8
STORIA: 7
COPERTINA: 7

Napoli, 14 agosto 1655
Seduto su una poltrona con lo schienale rigido e il cuscino imbottito, tra il letto e la finestra, Sebastiano Filieri ansimò come se fosse lui quello in fin di vita, e non sua cognata Maria. Le parole che lei aveva appena pronunciato, nel delirio della febbre che se la stava portando via, lo avevano colpito come pugni allo stomaco, riaprendo una ferita che per otto anni si era sforzato di considerare guarita. Ma non era guarita affatto. In fondo lo aveva sempre saputo.
Sebastiano Filieri, pittore spadaccino, è al capezzale di Maria, sorella di sua moglie Angela, l’ultimo affetto che gli resta della sua famiglia decimata. Maria rivela l’atroce verità sulla morte di Angela riportando  Sebastiano, con la memoria, indietro nel tempo. Erano i giorni della rivolta di Masaniello, Sebastiano era entrato nella Compagnia della Morte, una società segreta composta da pittori che si ribellavano, con la spada, al dominio spagnolo nella loro bella Napoli. Ma una notte Sebastiano aveva trovato sua moglie e la figlia crudelmente assassinate. Egli credeva che l’autore dei delitti fosse già morto. Annientato dal dolore, aveva lasciato la Compagnia dedicandosi solo alla sua arte. Dopo 8 anni la verità era stata rivelata. L’assassino era ancora in vita. La vendetta poteva aver inizio.

Dopo aver letto, con vivo interesse, questo libro, mi sono documentata sull’autore scoprendo che Alfredo Colitto è uno tra i migliori interpreti del thriller storico in Italia. 
Per un’amante del genere  thriller, come amo definirmi, è stato bello scoprire un autore che non conoscevo. Il suo romanzo storico mescola abilmente una vicenda immaginaria con un momento storico preciso, la Napoli di metà Seicento, dando vita a una ricostruzione della situazione politico-sociale del popolo napoletano. Infatti le vicende di Sebastiano Filieri si intrecciano con le grandi vicende del popolo sottomesso e sono direttamente influenzate da esse. Nella Napoli del 1647 inizia la storia di Sebastiano e della sua famiglia. Il pittore spadaccino è un uomo buono, leale, coraggioso che ama la sua città e la vorrebbe libera dal giogo straniero. Con lui vivremo emozioni continue in un turbinio di amori, tradimenti, odio, vendetta, generosità. Attorno al nostro protagonista ruotano tanti personaggi che rappresentano la passione, l’intrigo, la fedeltà, l’eroismo. Insieme danno vita a un racconto appassionante che lega verità storica e fantasia. La lettura accattivante proietta il lettore nell’epoca narrata. Vi ritroverete con Masaniello a partecipare alla sua rivolta popolare contro la tirannia straniera, tirerete di spada con Sebastiano, tramerete con Ugo Mantovani e  Lucrezia la giovane moglie del padre di Sebastiano, vivrete tante avventure in 148 pagine.

Ho letto il romanzo in un batter d’ali grazie a uno stile scorrevole, un ritmo serrato, suspence, personaggi con una buona indagine psicologica. Si comprende subito l’ottimo lavoro di documentazione. Lo scrittore appare a suo agio nell’epoca storica descritta e riesce a trasmettere in modo chiaro le motivazioni che spingono i personaggi ad agire in un modo piuttosto che un altro. 
Le ambientazioni sono descritte nell’evolversi della storia, non ci sono lunghe descrizioni e i dialoghi rendono fluida la lettura. Tuttavia questo libro ha la pecca di finire in un momento in cui la storia si evolve prendendo vie inaspettate. Infatti “La Compagnia della Morte” è il prequel di un romanzo più corposo in cui ritroveremo Sebastiano Filieri, perso nel suo dolore, dedicarsi completamente alla sua pittura. Ma una ragazza potrebbe riportarlo a combattere per la sua patria. Nuovi amori? Un pericoloso segreto? Lo sapremo solo leggendo “Peste” il nuovo libro di Alfredo Colitto.

giovedì 29 gennaio 2015

RECENSIONE | "13" di Jay Asher

Cari lettori oggi affrontiamo insieme un tema intenso, doloroso, purtroppo attualissimo: il suicidio adolescenziale. Tempo fa ho letto una bellissima recensione scritta da Ilenia, del Blog “Libri di Cristallo”. La giovane blogger esprimeva le sue opinioni scaturite da una lettura impegnativa. Dalla recensione trasparivano le emozioni nate nel corso della lettura e così, fidandomi del giudizio di Ilenia, ho deciso di leggere  “13” di Jay Asher,edito Mondadori.


13

Autore: Jay Asher


Titolo originale: Thirteen Reasons Why
Editore: Mondadori
Pagine: 236
Prezzo: € 10,00 (cartaceo)
Sinossi: Clay torna da scuola e fuori dalla porta trova ad aspettarlo una pessima sorpresa: sette audiocassette numerate con dello smalto blu. Ascoltandole, scopre che a registrarle è stata Hannah, la ragazza per cui si è preso una cotta. La stessa ragazza che si è suicidata due settimane prima. Quelle cassette sono il suo modo per avere l'ultima parola sulle vicende che, secondo lei, l'hanno portata alla morte: facendole scorrere, Clay scopre che il destinatario del pacchetto deve ascoltarle e poi passarle al successivo di una lista. Nelle cassette, 13 storie: ognuna legata a una persona che ha dato ad Hannah una ragione per togliersi la vita. Seppur sconvolto, non può resistere alla tentazione di esplorare a fondo la storia che lo riguarda e, guidato dalla voce di lei, visiterà i luoghi che lei vuole mostrargli, finché non gli rimarrà altro da ascoltare...



    ALTRE EDIZIONI DEL ROMANZO    




INGLESE  |  CATALANA |  BULGARA


PORTOGHESE  |  INDONESIANA |  ITALIANA 





STILE: 8
STORIA: 8
COPERTINA: 7
Sono 13 innocenti fino a quando non schiacciano Play.
Clay Jensen, al ritorno da scuola, trova davanti alla porta della sua abitazione un pacco indirizzato a suo nome. Scoprirà che, nel pacco, ci sono sette audiocassette numerate con dello smalto blu. L’autrice delle registrazioni è Hannah Baker,una ragazza che si è suicidata due settimane prima. Tredici registrazioni, tredici vicende per raccontare i motivi che l’hanno condotta al suicidio. Inizia così una lunga via crucis che vedrà Clay ritornare sui luoghi che sono stati importanti nella vita di Hannah. Guidato dalla voce della ragazza, Jensen vivrà un viaggio a ritroso nei ricordi di colei che si è arresa davanti alle difficoltà della vita. 
Ciao a tutti, ragazze e ragazzi. Qui è Hannah Baker. Dal vivo e in stereofonia. Niente rimpatriate. Niente bis. E stavolta, neppure una richiesta. Spero per voi che siate pronti, perché sto per raccontarvi la storia della mia vita. O meglio, come mai è finita. E se state ascoltando queste cassette, è perché voi siete una delle ragioni…Non datemi per scontata…una seconda volta.Vi tengo d’occhio.
“13” è la storia di una fragilità che corrode l’animo. E’ una storia non vera ma nata per scuotere le coscienze, per indurre i giovani lettori a riflettere sui problemi che, in giovane età, sembrano insuperabili. Hannah è di una lucidità sconvolgente quando pianifica il suo suicidio e il suo “ritorno” per puntare il dito contro coloro che, in maniera diversa, hanno contribuito alla sua dolorosa scelta. Una scelta che non permette ripensamenti. 
Ma quali sono i motivi che hanno indotto Hannah al suicidio? Delusioni, pettegolezzi, falsità, compagni di scuola falsi e ipocriti. False verità che danno vita a una visione distorta di Hannah. Le hanno cucito addosso un identikit fatto di apparenze. La vera Hannah è un’altra persona. La scuola, incubatrice di giovani capaci di ogni falsità, diventa il luogo dove le torture psicologiche si applicano quotidianamente. Hannah diventa Miss Cattiva Reputazione, non riesce a integrarsi nella nuova città, in un tessuto scolastico dove tutti sembrano pronti a tenderti una mano, ti offrono un appiglio e poi ti mollano all’improvviso. E’ un continuo sprofondare nel baratro dell’indifferenza. Hannah e la sua voglia di essere incoraggiata, il suo bisogno di esistere per i genitori, distratti dai loro problemi economici, il suo disperato bisogno d’amore. Sono tanti i campanelli d’allarme a cui qualcuno avrebbe dovuto dare ascolto. Un cambiamento repentino nel look, lo sguardo che si abbassa, il donare oggetti personali. Tutto era una muta richiesta d’aiuto. Confusione, frustrazione, rabbia diventano i fedeli amici di colei che chiede aiuto in silenzio perché non ha la forza di gridare di reagire. Scrive poesie, Hannah, frasi che parlano al cuore di chi vuole ascoltare, di chi, distratto dalla vita, non si accorge che una “bellissima stella” si sta spegnendo.

Poesia “Anima sola” di Hanna Baker

Incrocio il tuo sguardo
Ma tu non mi vedi
A malapena rispondi
Se mormoro
Come stai
Due amici del cuore
Due anime gemelle
Forse non lo siamo
Forse non lo sapremo mai

Madre mia
Mi hai portato in te
Ora non vedi altro
Che ciò che indosso qui
La gente ti chiede
Come sto
Tu sorridi e annuisci
Fai che non finisca
Così
Mettimi
Sotto il cielo di Dio e
Conoscimi
Non mi guardare solo con gli occhi
Strappa
Questa maschera di carne e di parola
E vedimi
Per la mia anima sola.

Stupenda questa poesia, l’ho letta più volte e in ogni parola ho ritrovato la necessità disperata di ritrovare l’amore perso. Una valanga emotiva travolge chi legge queste pagine. In Hannah ritroviamo i nostri ragazzi che si atteggiano a fare i duri e hanno paura di fare i conti con se stessi. Crescere è difficile, inevitabilmente ci si scontra con una società distratta, a volte superficiale, spesso cattiva. La “vera” Hannah è invisibile agli altri perché è soprattutto invisibile a se stessa. Vive una concatenazione di eventi che segnerà un tragico destino per alcune persone. 
Ogni azione, ricordatelo sempre, ha delle conseguenze. La nostra superficialità o l’incapacità di reagire possono causare veri drammi che si ripercuotono su altri uomini. Hannah non riesce  più a sopportare il mondo che la circonda e decide di farla finita. Una volta presa questa decisione il cervello non prende più in considerazione la possibilità di ripensarci. E’ come se tutta l’energia interiore fosse stata prosciugata nel pianificare il proprio suicidio e se s’intravede una possibilità di salvezza non viene più considerata perché giunta fuori tempo massimo. 
Sicuramente nulla e nessuno può giustificare un suicidio. Questa, però, è un’affermazione fatta da me, persona adulta con un percorso di crescita alle spalle. Alcuni ragazzi, purtroppo, sono fragili, vulnerabili, vivono in silenzio il loro disagio. Problemi che “agli adulti” sembrano piccolezze, si rivelano montagne insuperabili per i giovani che decidono di liberarsi della loro sofferenza uccidendosi. Fermo restando che la morte non è una soluzione, posso comprendere le difficoltà di Hannah che vede il vuoto affettivo intorno a sé. Noi adulti abbiamo le nostre colpe, siamo sempre persi dietro i nostri problemi e sottovalutiamo i segnali premonitori che preannunciano qualcosa di drammatico. Violenze, apatia, disordini alimentari, bruschi cambiamenti della personalità e dell’umore devono metterci in allarme. Sono tutte, in forma diversa, un campanello d’allarme, una richiesta d’aiuto.

“13” è un romanzo che a molti non è piaciuto. I motivi sono tanti: Hannah è considerata una ragazza passiva che non reagisce, considera gravi avvenimenti che non sono poi così drammatici, ha la possibilità di vivere una bella storia d’amore ma la respinge, non chiede aiuto apertamente, potrebbe affrontare i suoi amici-nemici ma si rifugia nel silenzio, lascia che di sé venga data un’idea sbagliata. 
Giusto direte ma, a volte, ciò che sembra facile per alcuni diventa impossibile per altri. 
La fragilità, la vulnerabilità, rendono indifesi i giovani che non hanno punti di riferimento. Le cronache ci descrivono suicidi che sembrano dettati da futili motivi: un brutto voto, una delusione amorosa, un rimprovero. Sicuramente non è un singolo motivo che spinge all’insano gesto, la cause si sommano e non si riesce a guardare più in là dei nostri problemi. Uccidersi è irragionevole, proprio quando la vita diventa difficile bisogna reagire. Il romanzo affronta questo tema con gli occhi della gioventù, ci narra una storia per darci uno spunto di riflessione e per parlare ai giovani. Bisogna mostrare, Hannah lo fa, gli errori commessi. Nelle sue registrazioni c’è l’atto d’accusa ma anche il monito affinché tutti possano imparare dai propri sbagli. Affinché la storia non si ripeta perché la vita è un dono e come tale va’ amata nel modo migliore.

mercoledì 28 gennaio 2015

WWW Wednesdays #34

Buongiorno :) Prima di passare al nostro abituale appuntamento con la rubrica WWW Wednesdays , volevo segnalarvi un gruppo facebook dedicato proprio a noi amanti della lettura: "Lettori come stelle" .
Il gruppo è nato in seguito all'unione di autori esordienti italiani con il fine di organizzare varie attività per i lettori e molto altro.Se volete conosce meglio questo progetto visitate il blog: http://lettori-come-stelle.blogspot.it/  ^-^



 WWW  Wednesdays è una rubrica creata dal blog Should be Reading 
e consiste nel rispondere a tre semplici domande:

-What are you currently reading? (Cosa stai leggendo adesso?)
-What did you recently finish reading? (Cosa hai appena finito di leggere?)
-What do you think you’ll read next? (Cosa leggerai dopo?)


What are you currently reading?

  


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What do you think you’ll read next?

 

martedì 27 gennaio 2015

RECENSIONE | " Avevano spento anche la luna " di Ruta Sepetys

Buongiorno popolo del web.
Ci sono pagine della storia che non tutti conosciamo, ci sono eccidi ricoperti dall’oblio che gridano il loro dolore. Oggi vorrei, nel mio piccolo, dare voce ai milioni di uomini uccisi nei Gulag sovietici. Per ricordare le vittime del comunismo staliniano e la loro tragedia umanitaria che si è perpetuata in contemporanea con l’eccidio del popolo ebreo. Mentre Hitler infieriva sugli ebrei, in Russia, Stalin, riversava tutto il suo odio sulle popolazioni baltiche: Lettoni, Estoni, Ucraini. Gli ebrei furono deportati nei campi di concentramento, in Russia, invece, i prigionieri, considerati “nullità”, venivano condotti nei campi della Siberia ai lavori forzati. Milioni di persone furono deportate per anni nei Gulag senza che nessuno riuscisse a porre un freno a tanta ferocia. 
Hitler e Stalin erano due demoni per un unico inferno: la Terra.

“Avevano spento anche la luna” di Ruta Sepetys, edito Garzanti, parla delle deportazioni nei campi di lavoro sovietici. E’ un romanzo ispirato a una storia vera, agghiacciante e drammatica. Un’altra tragedia del Novecento sepolta sotto l’indifferenza.


Avevano spento anche la luna

Autrice: 
Ruta Sepetys

Editore: Garzanti
Pagine: 304
Prezzo: 
€ 18,60 (cartaceo)

Sinossi: 
Lina ha appena compiuto quindici anni quando scopre che basta una notte, una sola, per cambiare il corso di tutta una vita. Quando arrivano quegli uomini e la costringono ad abbandonare tutto. E a ricordarle chi è, chi era, le rimangono soltanto una camicia da notte, qualche disegno e la sua innocenza. È il 14 giugno del 1941 quando la polizia sovietica irrompe con violenza in casa sua, in Lituania. Lina, figlia del rettore dell'università, è sulla lista nera, insieme alle famiglie di molti altri scrittori, professori, dottori. Sono colpevoli di un solo reato, quello di esistere. Verrà deportata. Insieme alla madre e al fratellino viene ammassata con centinaia di persone su un treno e inizia un viaggio senza ritorno tra le steppe russe. Settimane di fame e di sete. Fino all'arrivo in Siberia, in un campo di lavoro dove tutto è grigio, dove regna il buio, dove il freddo uccide, sussurrando. E dove non resta niente, se non la polvere della terra che i deportati sono costretti a scavare, giorno dopo giorno. Ma c'è qualcosa che non possono togliere a Lina. La sua dignità. La sua forza. La luce nei suoi occhi. E il suo coraggio. Quando non è costretta a lavorare, Lina disegna. Documenta tutto. Deve riuscire a far giungere i disegni al campo di prigionia del padre. E l'unico modo, se c'è, per salvarsi. Per gridare che sono ancora vivi.



http://i.imgur.com/ye3Q8bo.png

STILE: 8
STORIA: 10
COPERTINA: 8

Mi portarono via in camicia da notte. Ripensandoci, i segnali c’erano tutti: foto di famiglia bruciate nel camino, la mamma che nel cuore della notte cuciva l’argenteria e i gioielli più belli nella fodera del suo cappotto e il papà che non tornava dal lavoro. Il mio fratellino, Jonas, continuava a fare domande. Anch’io ne facevo, ma forse mi rifiutavo di riconoscere i segnali. Solo più tardi mi resi conto che la mamma e il papà intendevano scappare con noi. Ma non scappammo. Fummo portati via.
Un rumore di passi nella notte, un bussare, anzi "un rimbombo cupo e insistente", alla porta. L’NKVD, la polizia segreta sovietica, entra in casa ed è l’inizio di un incubo.

14 giugno 1941. L’NKVD irrompe in casa della quindicenne lituana Lina. Lei, il fratello Jonas e la madre Elena hanno appena il tempo di porre in una valigia qualche avere prima di essere caricate su un treno, con centinaia di altri prigionieri, che li condurrà in un villaggio siberiano dove saranno costretti a lavorare in condizioni disumane. Non si può far nulla, opporsi significa morire. Si può solo cercare di sopravvivere senza rinunciare alla propria dignità.
Per i sovietici non esistono più la Lituania, la Lettonia o l’Estonia. Stalin deve liberarsi completamente di noi per sgomberare dai rifiuti la sua visione. Rifiuti. Era questo che eravamo per Stalin?
Donne, bambini, vecchi, infermi, tutti a combattere a mani nude contro la ferocia umana.
Li odiavo, quelli dell’NKVD e i sovietici. Piantai un seme di odio nel mio cuore. Giurai che sarebbe cresciuto fino a diventare un albero imponente, le cui radici li avrebbero strangolati tutti.
Questi sono i pensieri di Lina, “colpevole di esistere”. Lina appassionata di pittura, ammiratrice delle opere di Munch, è impreparata al proprio destino ma ha, in sé, un gran coraggio. Sfrutterà la sua bravura nel disegno per ritrarre ciò che accadeva nel campo di lavoro. Un modo per continuare a sperare.
Mi hanno tolto tutto. Mi hanno lasciato soltanto il buio e il freddo. Ma io voglio vivere. A ogni costo.
Vivere è una sfida continua nei campi di lavoro: malnutriti, esposti a un clima polare senza adeguati vestiti, umiliati nel corpo e nell’animo. Erano partiti in tanti ma in pochi sopravvissero. La pietà, il rispetto, l’amore per il prossimo, erano “merce” rara, anzi rarissima nel gulag dove la vita umana valeva zero. Intanto il mondo incancrenito dal male soffriva in silenzio. Di fronte alla malvagità dell’uomo la Terra, inorridita da tanta crudeltà, si ripiegava su se stessa. La luce del Bene cedeva il passo al buio del Male. Anche la Luna chiudeva gli occhi e piangeva.

Come scriveva Pascoli nella poesia “ X Agosto ” :
E tu, cielo, dall’alto dei mondi
sereno, infinito,immortale,
oh! D’un pianto di stelle l’inondi
quest’atomo opaco del male!

La crudeltà dell’uomo rende oscuro il nostro pianeta che non riesce a liberarsi dalla presenza del  male. Ma la speranza, il dolore immenso, il coraggio possono far breccia nei cuori dannati. Forse non tutto è perduto per l’umanità. Forse la compassione umana impedirà il ripetersi di questo genere di malvagità. Forse.

“Avevano spento anche la luna” è un romanzo struggente che tutti dovrebbero leggere. E’ una testimonianza, anche se indiretta, degli orrori dei Gulag usati come strumento di repressione. Lina rappresenta la sofferenza e il coraggio di più di venti milioni di persone uccise “nel periodo del terrore”. Oggi  c’è ancora chi nega questa realtà.

Emozioni profonde mi hanno fatto compagnia durante la lettura di questo romanzo crudele nella sua realtà. Ho sofferto e pianto con Lina, ho sperato che qualche “angelo” proteggesse i prigionieri, ho provato un odio intenso verso le guardie disumane. Quando un barlume di umanità è apparso nella notte del Male ho gioito pensando che l’uomo forse ha ancora una possibilità di salvezza. Se ricomincerà a sentire il battito del suo cuore e a porgere la mano verso il suo prossimo potrà sperare in un futuro migliore dove non ci saranno più morti a causa di oppressioni, razzismo e ingiustizia.

Per non dimenticare diamo voce ai più deboli, difendiamo la libertà e la pace. Costruiamo un futuro migliore per tutti e anche la Luna, da lassù, sorriderà illuminandosi con un bel sorriso.

Per lasciarvi con un invito alla speranza, vi riporto una citazione di Albert Camus:

“Alla fine ho imparato che, anche nel profondo dell’inverno, 
dentro di me regnava un’invincibile estate.”  

lunedì 26 gennaio 2015

Detective Gufo #26

"Detective Gufo" è una rubrica settimanale creata da me appositamente per il blog Penna d'oro.
Perché detective? Semplice, Gufo andrà in giro tra i vari blog per scovare la recensione più 
emozionante tra le tante che vengono pubblicate. 

Buon lunedì carissimi lettori.
Ritorna l’appuntamento con Detective Gufo che, dopo varie ricerche, ha deciso la recensione meritevole di oggi:

Uomini e topi 
di John Steinbeck

Scritta da Gingerhead del Blog Smell of books .

Uomini e topi è un breve romanzo, ricco di dialoghi. Protagonisti, due lavoratori stagionali, George Milton e l'inseparabile Lennie Small, un gigante con il cuore e la mente di un bambino, che il destino e la malizia degli uomini sospingono verso una fine straziante. 
Il ritratto di un'America stretta dalla sua peggiore crisi economica nella drammatica rappresentazione di un maestro.


Uomini e topi è un breve romanzo, ricco di dialoghi. Protagonisti, due lavoratori stagionali, George Milton e l'inseparabile Lennie Small, un gigante con il cuore e la mente di un bambino, che il destino e la malizia degli uomini sospingono verso una fine straziante. Il ritratto di un'America stretta dalla sua peggiore crisi economica nella drammatica rappresentazione di un maestro. Informandomi su Wikipedia ho scoperto che lo scrittore John Steinbeck ha ricevuto, nel 1962, il Premio Nobel per la letteratura con la seguente motivazione: 
“Per le sue scritture realistiche ed immaginative, unendo l’umore sensibile e la percezione sociale acuta.” 
 “Uomini e topi” è un romanzo pubblicato, dallo scrittore statunitense, a New York nel 1937 e tradotto in italiano da Cesare Pavese l’anno successivo per Bompiani. In questo breve romanzo viene trattato il tema sociale del problema della ricerca di un lavoro stabile e di una vita sicura, la protesta contro lo sfruttamento del povero e dell’irregolare da parte di un mondo retrivo. 
Leggendo la recensione di Gingerhead ho appreso dell’esistenza di questo romanzo tragico e struggente. Un romanzo che mi ha incuriosita molto grazie alle parole di Gingerhead: 
Questo libro è l’affidabile rappresentazione di una realtà ingiusta, in crisi, permeata da umanità e bestialità, bontà genuina e malvagità immensa. Con un finale drammatico, spietato, ma terribilmente reale, questo piccolo libro sprigiona più forza di quanto possa sembrare, arrivando a stringerci il cuore. 
Belle parole che esprimono emozioni vere che solo una lettrice sensibile riesce a rendere così bene. Io, ricordo, di aver visto un film, “La valle dell’Eden" , tratto dal’omonimo romanzo di Steinbeck. Il regista era Elia Kazan e il protagonista aveva il volto di James Dean. Questa è l’unica conoscenza che ho delle opere di Steinbeck. Bisogna porre rimedio a questa mia mancanza. Leggerò sicuramente “Uomini e topi”. Nel frattempo ringrazio Gingerhead per la recensione: conoscere nuovi libri è sempre un arricchimento per noi lettori appassionati. 
E voi, cari amici, conoscete questo libro o altre opere di Steinbeck? Curiosa dei vostri commenti vi do’ appuntamento a lunedì prossimo con Detective Gufo :)

domenica 25 gennaio 2015

RECENSIONE | " La voce degli uomini freddi " di Mauro Corona

Buona domenica carissimi lettori :)
Anche oggi piove, il vento rincorre le nuvole, fa freddo. Non mi meraviglierei se la pioggia si trasformasse in neve, adoro “il candido manto”. Nell’attesa vi parlerò di un libro in tema con le basse temperature. Dopo “Una lacrima color turchese” (RECENSIONE) , vi presento “La voce degli uomini freddi” di Mauro Corona, edito Mondadori.


 La voce degli uomini freddi 

Autore: Mauro Corona

Editore: Mondadori
Pagine: 240
Prezzo: € 12,00

Sinossi: 
C'è un popolo che vive di stenti in una terra ostile. Una terra in cui nevica sempre, anche d'estate, dove le valanghe incombono dalle giogaie dei monti e le api sono bianche. E dove gli uomini hanno la carnagione pallida, il carattere chiuso, le parole congelate in bocca. Però è gente capace di riconoscenza, di solidarietà silenziosa, con un istinto operoso che li fa resistere senza lamentarsi, che li fa lavorare con creativa alacrità, con una fierezza gioiosa. La loro voce è quella allegra del "campo liquido", il torrente che dà impulso a segherie e mulini. È proprio l'acqua che mette in moto tutte le attività, ed è l'acqua che innesca il dramma che sta sospeso su quelle vite grame eppure felici. La voce degli uomini freddi è una fiaba piena di poesia che nasconde la tragedia del Vajont e della sua gente. Una ferita mai chiusa che Mauro Corona riesce a trasformare in un racconto di speranza. 



http://i.imgur.com/ye3Q8bo.png

STILE: 9
STORIA: 9
COPERTINA: 8



Premio Mario Rigoni Stern 2014, sezione narrativa, “La voce degli uomini freddi” è pura poesia, è un atto d’amore per la montagna, un tributo d’impegno verso il futuro.

Mauro Corona ci narra una favola che parla di un popolo che vive di stenti in una terra ostile. Una terra in cui nevica anche d’estate e le persone hanno un carattere chiuso, sono un tutt’uno con la Natura. Lavorano senza lamentarsi, con fierezza e umiltà. La vita ruota intorno al “campo liquido”, al torrente che nutre ogni cosa. Un giorno la voce argentina dell’acqua scompare. Gli uomini freddi decidono di risalire il letto del torrente per capire cosa sia successo. Che fine ha fatto l’acqua? Sarà l’inizio della fine. Una fine che tutti ricorderemo come “la tragedia del Vajont”.

Con ritmo lento, poetiche descrizioni, squarci di paesaggi bellissimi, Corona racconta del suo paese, Erto, delle genti di montagna abituati a convivere con una natura severa ma giusta.
Le leggi della natura facevano meno danni delle leggi degli uomini ed erano più giuste e anche più severe.
Il fragile equilibrio del rapporto uomo-natura si basa sul rispetto dell’ambiente. Quando la natura subisce violenza si hanno tragici eventi che devono farci riflettere per non commettere più gli stessi errori.

In questo percorso narrativo Corona riporta, come ferita che sfregia la Natura, l’ansia di alcuni uomini, che vogliono cambiare la propria vita e non si fermano davanti a nulla. Per colpa di pochi un intero paese verrà cancellato dalla forza della Natura violata e il popolo freddo vivrà solo nel ricordo. Ricordo di un manto bianco simbolo di fatica e tenacia, ricordo della sofferenza di coloro che vivevano nelle avversità, ricordo di uomini che non si sentivano perdenti ma da tali avversità traevano la forza per andare avanti.
Gente che aveva fatto della sfortuna la gioia di stare al mondo. L’unica gioia era quella. Gente che s’accontentava.
Corona denuncia, in questo romanzo lirico e pregno di emozioni, i tanti problemi che affliggono la nostra società. L’interesse, per il denaro, che non guarda in faccia a nessuno, l’uomo forte che prevarica sul debole, il furto dell’acqua, del legname: tutto in nome del progresso. Finché la Natura si riprende i propri spazi, dice “no” al cemento, alza la voce per farsi ascoltare da coloro che hanno violato i corsi dei suoi fiumi, dei torrenti.

I popoli freddi avevano “fede” nella natura, sapevano che per sopravvivere dovevano essere pronti ad aiutarsi l’un l’altro, per superare situazioni difficili. Tutti erano capaci di generosità per darsi una mano reciprocamente nel rispetto delle tradizioni e delle “leggi” della montagna.
Questo e altro succedeva lassù, nella terra degli uomini freddi […]  E lì stavano bene, ormai, si erano assestati e rassegnati, avevano capito che l’esistenza è un continuo andare dall’alto verso il basso come le valanghe, fino a trovare il fondo e fermarsi per sempre.
“Fermarsi per sempre” fu la conseguenza delle azioni deleterie di uomini arrivati “dalle città fumanti”. Uomini che volevano portare lassù il progresso, invece vi portarono la Morte.
Un’unghia di luna assistette al cataclisma  [… ]  Mille anni e una notte, dieci secoli più una notte sola, e tutto finì. L’indomani, per dieci ore cadde neve a lutto, neve nera come pece
“La voce degli uomini freddi”, vincitore anche del Premio Selezione Campiello 2014, è un romanzo che ho letto subendo, pagina dopo pagina, il fascino delle parole che Corona usa con immensa bravura. E’ un’avventura straordinaria che nasce dall’intimo rapporto tra uomini e territorio. Una narrazione che si frantuma in mille raffinate schegge che ci mostrano sentimenti, tradizioni, sacrifici. E’ la poesia che prende vita nelle descrizioni dei bianchi paesaggi, nel senso di appartenenza ad un luogo in cui tutto è vissuto con profondo rispetto per la Natura. Rispetto che alcuni uomini tradiranno in nome del Dio denaro. E’un tradimento che porterà lacrime e sangue. 
Speriamo che l’uomo impari dai suoi errori! 
Voi, intanto, leggete questo libro e scoprirete un autore che, sono sicura, vi conquisterà.

venerdì 23 gennaio 2015

Vi presento... "Racconti delle Lande Percorse Vol. II - La Grande Guerra" di Diego Romeo

Salve lettori :) Oggi vi presento 
"La Grande Guerra"
di Diego Romeo
secondo volume della serie "Racconti delle Lande Percorse" (RECENSIONE)


Autore: Diego Romeo


Serie: Racconti delle Lande Percorse  (Vol. II)

Pagine: 260
Prezzo:  € 2,35 (ebook) | amazon

Sinossi: Inizia lo scontro sul campo di battaglia. L’impatto si rivela subito immane, e le perdite di vite incalcolabili sui due fronti. I capi non si sottraggono ai duelli, le battaglie diventano feroci: è la legge della guerra. Un’amara sorpresa è in agguato: i Paladini cadono sul campo, la disfatta è totale, tutto sembra perduto quando l’Imperatore e i Generali soccombono. Una viaggio inaspettato per il Mare Astrale, porteranno il Maestro, Karl, su Hyachinto alla ricerca dell’unico negromante che ha scoperto il segreto della vita eterna, con la vana speranza di chiedergli l’impossibile. Sullo sfondo l’Impero in rovina, i viaggi nelle dimensioni parallele, gli intrighi del Male e dei suoi servitori combattuti da Maghi, Elfi e Nani in cerca di un riscatto.



La prossima settimana inizierò la lettura di questo libro, voi lo avete già letto?  :)